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«Scuola come un’impresa, le suore paghino l’Imu»: il caso a Bari

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

«Scuola come un’impresa, le suore paghino l’Imu»: il caso a Bari

Il Preziosissimo Sangue e gli altri istituti che fanno capo alla «Provincia religiosa» non hanno diritto all’esenzione

Giovedì 11 Maggio 2023, 13:50

L’ente «Provincia religiosa di Bari delle suore adoratrici del sangue di Cristo» - cui fanno capo l’Istituto Preziosissimo Sangue, l’istituto scolastico Beata Maria De Mattias, e le associazioni Celips Cultura e Lavoro e Preziosissimo Sangue - deve pagare l’Imu. Nessun diritto alla esenzione sugli immobili di proprietà prevista dalla legge a favore degli gli enti religiosi. E questo perché l’insegnamento viene praticato da queste scuole nell’esercizio di una vera e propria attività d’impresa.

A stabilirlo la Corte di giustizia di primo grado di Bari che ha rigettato il ricorso dell’ente religioso proprietario degli edifici di via Scipione l’Africano, via de Marinis e piazza Garibaldi, sedi delle note scuole religiose.

Legittimo, dunque, l’avviso di accertamento per omesso versamento dell’imposta emesso dalla Ripartizione tributi di Palazzo di Città con riferimento al periodo d’imposta 2016. Le suore, salvo ricorso in appello, devono dunque versare a Palazzo di Città 190mila euro oltre a sanzioni (57mila euro) e interessi (27mila). Totale 275mila euro circa. Una sentenza che sostanzialmente ricalca quanto la giustizia tributaria ha già stabilito per il periodo d’imposta 2012 (pende il giudizio di secondo grado). E pensare che all’ente religioso poteva andare molto peggio, considerando che il Comune non ha emesso alcun avviso di accertamento per le annualità 2013, 2014 e 2015. Il conto , con ogni probabilità, sarebbe stato ancora più salato.

La «Provincia religiosa», proprietaria degli immobili, aveva sostenuto che l’attività svolta non ha natura commerciale; che lo scopo istituzionale consiste in opere di educazione; che gli istituti, sia pure formalmente autonomi rispetto all’ente delle Suore Adoratrici del sangue di Cristo, di fatto ne sono un’articolazione; che le rette versate dai genitori degli alunni sono corrispettivi meramente simbolici. Tante buone ragioni per beneficiare della esenzione del pagamento del tributo. Ma la tesi secondo la quale le attività didattiche sono esercitate con modalità non commerciali non ha convinto la Corte tributaria che, invece, ha condiviso le argomentazioni diametralmente opposte dell’Ufficio Tributi del Comune.

Anzitutto «affinché possa essere riconosciuta l’esenzione è necessaria la coincidenza tra possessore e utilizzatore dell’immobile; circostanza, questa, pacificamente non ricorrente nel caso di specie», si legge in sentenza (presidente Pasquale Drago, relatore Alessandra Piliego, giudice Francesco Federici). Proprietario e utilizzatori dei quattro immobili non coincidono. Inoltre, scrivono i giudici, «parte ricorrente ha affermato ma non adeguatamente dimostrato la natura meramente simbolica della retta» pagata dai genitori degli studenti. Non bastano, infatti i prospetti interni peraltro privi di timbri e firma. In pratica manca «qualsivoglia documentazione certa ed ufficiale da cui ricavare il reale ammontare della retta». In sintesi, «il pagamento di un corrispettivo, anche modesto, per la fruizione dell’attività didattica è rivelatore dell’esercizio dell’attività con modalità commerciali, con conseguente assoggettamento» dell’imposta.

L’ente aveva sostenuto che la gestione dei servizi erogati fosse in perdita. Insomma, se ci rimetto pure, perché devo pagare pure l’imposta. Ma per i giudici si tratta di una «questione assolutamente irrilevante dato che anche un imprenditore può operare in perdita», ma non per questo non è soggetto all’imposta. Che i bilanci siano in utile o in perdita è irrilevante rispetto all’esenzione.

Ma le suore di certo non demorderanno. Basti pensare che, con riferimento all’Ici 2011, tributo che la Cassazione ha stabilito essere dovuta dall’ente religioso, è stato presentato ricorso per revocazione, rimedio straordinario e piuttosto raro. In pratica, una sezione composta in modo diverso da quella che ha stabilito l’assenza della esenzione dovrà riesaminare la vicenda.

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