Una barca triste che da un anno non prende più il mare. Come un gabbiano che non vola. Il Nicolaus è un peschereccio di venti metri, tra le ultime imbarcazioni che compongono la flottiglia barese e che rischia di scomparire. «Una fine alla quale noi ci opponiamo con tutte le nostre forze», spiegano Vincenzo e Giovanni Pupillo, fratelli e rispettivamente armatore e comandante del Nicolaus, complessivamente quasi un secolo di esperienza marinara sulle spalle.
«Noi siamo la quarta generazione di pescatori - dicono con orgoglio, mentre quasi accarezzano la loro barca -, ma è sempre più difficile. A bordo del Nicolaus abbiamo portato la statua e il quadro di San Nicola durante la processione di maggio, è il mezzo che ci ha permesso di vivere. No, non permetteremo che tutto svanisca. Sarebbe come un colpo alla baresità stessa».
«Fino a 50 anni fa per chi si affacciava sul porto vecchio si potevano ammirare oltre 30 pescherecci - mette in evidenza Nicola Morelli, fiduciario dell’armatore Pupillo -. E la mia è una testimonianza di prima mano. Ho sempre abitato in via Venezia di fronte a questo mare».
Il problema dei fratelli Pupillo e del Nicolaus è duplice: da una parte la mancanza di mozzi e marinai che li possano aiutare nel lavoro di pesca, dall’altro la pessima condizione del porto vecchio dai fondali bassissimi e fangosi, pieni di relitti e rifiuti, da rendere impossibile attracco e arrivi.
«Chi ama il mare, da lavorarci e vivere, non c’è più. Sì, fare il pescatore e vivere di mare è un mestiere duro e difficile, ma se hai la passione, se ti senti rinascere solo respirando l’odore del mare, è tra i più belli - spiega Giovanni Pupillo -. Noi vorremo che attorno al settore della pesca si creino dei centri di formazione che al momento non ci sono. Ed è un assurdo per una città marinara come Bari. Si fanno tanti sforzi per incentivare i lavori legati al sistema informatico, per tenere i giovani davanti ad una tastiera e nulla per la pesca. Sarebbe bello invece trovare degli strumenti per mostrare ai giovani, agli studenti quale è la vita del pescatore, cosa facciamo».
L’idea dei fratelli Pupillo per cercare di salvare il Nicolaus è trasformare il peschereccio in un punto ristorazione attraccato al porto vecchio, dove garantire ai turisti un luogo unico, non solo per mangiare pesce fresco ma soprattutto cogliere nelle decine di storie di mare che conoscono, l’essenza stessa della baresità.
«Riconvertire il peschereccio alla ristorazione almeno per qualche mese all’anno ci permetterebbe di sopravvivere, alternando alla pesca anche altro - dice Vincenzo Pupillo -. Sappiamo bene che la pesca è cambiata, che non è più come ai miei tempi che ho iniziato a lavorarci ad 8 anni e che faccio questo mestiere da 52. Oggi serve formazione e saper cogliere il cambiamento. Lo sappiamo bene. Noi ad esempio abbiamo avviato un piccolo ristorante che si chiama come la nostra barca dove prima portavamo il nostro pescato. Mangiare il pesce fresco è un’altra cosa rispetto a qualsiasi altro prodotto».
Mentre parlano i due fratelli Pupillo mostrano una fierezza unica. Le mani indurite dal lavoro si fanno gentili quando toccano il Nicolaus.
«Noi siamo nati sulle barche - dicono quasi in coro -. Se manca personale è perché nessuno insegna ai giovani la bellezza del nostro mare. Ci si deve innamorare del mare per poterlo vivere 365 giorni all’anno. Il nostro è un appello alle Istituzioni: dateci una mano per riuscire a riconvertire la barca ad una nuova attività ricettiva. Con tutti gli adempimenti e la burocrazia da affrontare non possiamo farcela da soli. Dandoci la possibilità di usare il Nicolaus sia come peschereccio, sia come ristorante, significherebbe non perdere la nostra storia e quella della città».