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Gommone investì e ferì bagnante nel Barese, il fratellastro di Cassano non è responsabile

 
Redazione online

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Gommone investì e ferì bagnante nel Barese, il fratellastro di Cassano non è responsabile

Giovanni Cassano detto «U curt» in uno dei suoi popolari video su Tik Tok

Dopo nove anni giudici i giudici dichiarano l'innocenza del pregiudicato 50enne figlio del padre (ma con madri diverse) dell'ex calciatore

Martedì 05 Luglio 2022, 10:27

Non era Giovanni Cassano, il pregiudicato 50enne fratello (di madri diverse) del noto calciatore Antonio, alla guida del gommone pirata che il 13 luglio 2013 ferì un bagnante travolgendolo in mare e ferendolo alla testa, a circa 20 metri dalla costa di Giovinazzo, nel Barese. La Corte di Cassazione, a nove anni dal fatto, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna nei confronti di Cassano per i reati di lesioni personali e omissione di soccorso, «perché l’imputato non li ha commessi». I giudici hanno così accolto il ricorso proposto dal difensore, l’avvocato Nicola Quaranta, che evidenziava «la mancanza di qualsivoglia accertamento tecnico effettuato sulla compatibilità tra la ferita della persona offesa e la chiglia dell’imbarcazione» del 50enne.
In primo grado, nel novembre 2017, Cassano era stato assolto "per non aver commesso il fatto».

Nella ricostruzione del Tribunale si dava già all’epoca atto che Cassano era stato identificato come il presunto responsabile in quanto prima era stato fermato per un controllo a bordo di un gommone davanti alla costa di Molfetta e poi, circa due ore dopo il fatto, quello stesso gommone ormeggiato nel porto di Giovinazzo era stato indicato da alcuni testimoni come quello dell’investimento, ma «nessun accertamento tecnico - rilevava il Tribunale - era stato effettuato sulla barca sequestrata a Cassano che consentiva di rinvenire tracce dell’urto sulla chiglia». In appello, poi, nel settembre 2021, quella decisione era stata ribaltata, ritenendo provato «un legame indiscutibile tra il natante dell’imputato e le lesioni patite dalla vittima», con condanna a un anno e tre mesi di reclusione. Condanna ora definitivamente annullata dalla Suprema Corte.

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