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Bari, i 70 anni di teatro della regina dei palcoscenici

 
Pasquale Bellini

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Pasquale Bellini

Bari, i 70 anni della reginadei palcoscenici

Nietta Tempesta affida i suoi ricordi alla «Gazzetta»

Giovedì 08 Aprile 2021, 12:34

09 Aprile 2021, 09:36

Bari - Settanta anni (più o meno) di teatro sulle spalle e nella memoria, ma praticamente non sentirli. Anzi non vedere l’ ora di tornare in scena, nell’ ebbrezza della recita e degli applausi finali. Parlo di Nietta Tempesta, attrice alla quale ben si adatta la definizione di «decana del teatro barese», lei che tutt’ ora gestisce la sala del Piccolo Teatro di Bari, intitolato ultimamente a Eugenio D’Attoma, che di Nietta fu marito e mentore, nonché del Piccolo fondatore, regista e direttore fino alla morte nel 1996.
Qual è stato l’utimo spettacolo in cui ha recitato, signora Tempesta, prima di questa chiusura dei teatri da Coronavirus?
«Ultimo, ma spero non l’ultimo, è stato nell’ottobre dell’anno scorso 2020 La Sciammerghe, il testo scritto da Eugenio, che aprì la nostra stagione al Piccolo Teatro in via Borrelli a Bari, stagione che purtroppo si interruppe subito dopo, con il teatro chiuso e l’attività interrotta. Bah, spero davvero che “prossimamente su queste scene” si possa riprendere a recitare! Avevamo pronto un altro lavoro di D’ Attoma, una cosa divertente in dialetto, La jistizzie jè fatte, vedremo. Io intanto, giusto per mettermi al sicuro, ho fatto la prima dose del vaccino. Del resto mi toccava di diritto, avendo già più che discretamente superato gli 80 anni».
Giusto per rinfrescarle la memoria, ora mi dica qual è stato il primo degli spettacoli in cui ha recitato, e se mi permette, in quale anno?
«Dunque, vediamo. Correva l’anno 1950, io ero praticamente poco più di una ragazzina, lo spettacolo fu Il profumo di mia moglie di Leo Lenz, un autore austriaco: debuttammo alla Casa del Soldato, il cine-teatro alle spalle della Caserma Picca. Il nostro era un gruppo amatoriale, La Bottega delle Arti, diretto da Domenico Dell’Era: eravamo in tanti giovani, con D’Attoma, con Mario Mancini. Il secondo spettacolo fu Spettri di Ibsen, sempre nel ‘50, poi ricordo Due dozzine di rose scarlatte di De Benedetti, insomma una caterva di lavori, in quegli anni ‘50, alcuni fatti anche al Piccinni, con un gruppo che si chiamò Prometeo, poi Teatro Circolare (ci esibivamo nello spazio “circolare” al piano terra dell’Albergo delle Nazioni!), prima di chiamarsi Piccolo Teatro di Bari e approdare a Carrassi, in via Borrelli. Ma qui eravamo già nel recente 1967».
Nel mezzo c’era stato anche un sodalizio con la Paola Borboni, per alcune messinscene baresi, o sbaglio?
«Altro che, se ci furono. Con la direzione di Gustavo D’Arpe una Compagnia Città di Bari, nel 1955/56, chiamò la Borboni e a Bari, al Piccinni, fu allestito Nozze di sangue di Garcia Lorca, dove io recitavo, e la regia fu di Anton Giulio Bragaglia. Ci furono altri due allestimenti con la Borboni, la commedia leggera Poltrona rossa, poi Zoo di vetro di Tenesse Williams. Con D’Arpe si allestì anche A che servono questi quattrini di De Filippo-Curcio, al Piccinni. Ma intanto era cominciata l’avventura, anche mia personale, con Eugenio D’Attoma, fino appunto al Piccolo, dagli anni ‘60 in avanti».
Ricordo male oppure, in quei primi ‘60, lei Tempesta in calzamaglia, corazza e accessori vari, fu Giovanna d’Arco sul palco del Piccinni? Io c’ero.
«Era l’Allodola una commedia storica di Jean Anouilh: fu allestita in occasione di una delle prime Giornate del Teatro, nel marzo del ‘63 o ‘64. Ricordo che ci fu una visita dell’allora presidente Segni, dovemmo spostare la prova generale e la prima. Quanti patemi d’ animo, quante sofferenze, ma il teatro prima di tutto».
Di quali spettacoli conserva un più vivo ricordo?
«O Dio, di tanti e tanti, conservo il ricordo, ne avrò interpretati certamente più di cento! Indimenticabili, con gli amici Mario Mancini e Mariano Leone, per esempio quel testo In alto mare di Mrozeck, che abbiamo fatto in giro centinaia di volte dal 1964 in poi. Ancora l’ immortale Jarche Vasce di Vito Maurogiovanni con regia di Michele Mirabella, col sequel di D’Attoma che fu Jarche Jalde. I testi del drammaturgo Nicola Saponaro, i classici, i contemporanei... Un fiume, anzi meglio un mare di commedie e drammi, di attori e attrici... tutti amici, tutti ricordi di teatro e nel teatro».

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