BARI - Squilla il telefono. Numero sconosciuto: «Pronto lei è parente del signor Giuseppe?». «Sì, sono il figlio». «E non sa che suo padre sta qui morto all'obitorio e dovete prendere i suoi effetti personali?». Non ci può essere modo peggiore di scoprire della scomparsa di un proprio caro, ancora di più se la persona in questione è entrata in ospedale per un'emergenza e a portarselo via alla fine è il maledetto Covid 19.
Nella zona rossa del Policlinico di Bari succede anche questo. A denunciarlo alla Gazzetta sono i familiari della vittima, un barese di 83 anni «malato fragile», con gravi patologie pregresse, che non ha fatto in tempo a sottoporsi al vaccino per proteggersi dal virus. L'anziano è stato ricoverato, con tanto di tampone negativo, il 24 febbraio scorso per un versamento pleurico legato a un tumore. In un anno di pandemia non ha mai messo il naso fuori casa, ma dopo il ricovero d'urgenza e una decina di giorni di degenza viene dimesso. Peccato che in questo periodo all'interno della struttura sanitaria pare abbia contratto il Coronavirus.
Tornando a casa, non solo ha infettato moglie e figli, ma le sue già precarie condizioni si sono aggravate, tanto da necessitare un nuovo ricovero nell'area Covid del nosocomio barese, che nonostante l'attenzione e le cure riservate in reparto, si è rivelato un vero e proprio «miglio verde» che l'ha condannato, lentamente, alla morte. L'uomo, infatti, è deceduto ieri per un'insufficienza renale.
«20 marzo 2021. Ricordate questa data, perché oggi mio suocero è morto dopo aver contratto il virus venti giorni fa, durante un altro ricovero - scrive sui social la nuora denunciando la vicenda - un anziano paziente fragilissimo, con tumori, che ai primi di marzo non era stato ancora vaccinato. Che è entrato in ospedale per curarsi e invece è morto, dopo essere stato per un anno intero recluso in casa, da cittadino ligio alle regole. È morto di Covid perché non è stato vaccinato in tempo, perché ancora oggi non avete deciso dove, come e quando saranno vaccinate queste persone», tuona la donna come un fiume in piena di rabbia e dolore. «Ricordate questa data perché è la data in cui muore un uomo che ha lavorato da quando aveva 10 anni, che ha sempre pagato le tasse, che ha compiuto sino all’ultimo i suoi doveri di cittadino e non ha mai fatto mancare nulla alla sua famiglia. Che ora è morto, solo come un cane, senza che il figlio abbia potuto fargli una carezza. E pregate che non succeda niente a lui, non ancora vaccinato, mentre continuiamo a vedere pubblicate foto trionfanti di persone sorridenti e in piena salute. Loro il vaccino l’hanno fatto. Ricordate questa data, come la ricorderemo noi, per sempre», si legge nel post pubblicato su Facebook.
«Se mio suocero fosse vissuto nel Lazio - ci racconta al telefono la nuora - a quest'ora sarebbe vivo perché in quella regione hanno deciso di vaccinare i fragili sin da subito, come stanno facendo in tante altre regioni e come il governo ora ha imposto, ma in Puglia non ne vogliono sapere». Una morte e un dolore enorme, che, forse, si potevano evitare con una campagna vaccinale ancora più capillare e mirata nei confronti di chi è infermo cronico e che combatte da anni contro mali che divorano dall'interno. «Vaccinate subito i pazienti oncologici, vaccinate ora le persone più fragili, troppo vulnerabili all'attacco del Covid»: è questo l'urlo inascoltato di una famiglia disarmata dalla tragicità degli eventi. Come ciliegina sulla torta, poi, arriva la comunicazione priva di tatto ricevuta al telefono dopo la dipartita dell'83enne: «Nessuno dovrebbe sentirsi dire così che è morto suo padre, poche ore dopo la festa che non ha potuto celebrare. Nessuno, neanche voi».