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Bari, domani protesta contro chiusure. Provocazione Cgil: «Trasferiamo i teatri in chiese»

 
Rita Schena

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Rita Schena

teatro petruzzelli

Domani in piazza Ferrarese alle 11.30 i ristoratori che aderiscono alla Fipe-Confcommercio apparecchieranno per terra, per protestare contro le Istituzioni che li hanno abbandonati

Martedì 27 Ottobre 2020, 11:25

14:04

Un Dpcm che scontenta tutti secondo una par condicio quasi perfetta, unendo imprenditori e sindacalisti.
Domani in piazza Ferrarese alle 11.30 i ristoratori che aderiscono alla Fipe-Confcommercio apparecchieranno per terra, per protestare contro le Istituzioni che li hanno abbandonati, imponendo loro norme e chiusure che di fatto li uccidono. «Le misure che ci sono state imposte sono inaccettabili – ha dichiarato Dino Saulle, presidente Fipe Bari -. Siamo stati presenti sui tavoli di lavoro fin dai primi istanti di questa crisi, abbiamo contribuito a stilare i protocolli per la riapertura, cercando di salvare quanto più possibile. Ad oggi le prospettive sono ancora più pesanti. Chiediamo al Governo e alle Istituzioni di non abbandonarci. Abbiamo bisogno di ossigeno per sopravvivere. A tutte le categorie e stato dato sostegno tranne alla nostra».
E se i ristoratori protestano lanciando l'hastag #siamoaterra (tanto da apparecchiare simbolicamente proprio in terra) c'è chi preferisce una protesta da disobbedienza civile: a Gravina il direttore artistico del teatro Vida decide di restare aperto. «La cultura rende l’uomo libero, e noi abbiamo deciso di lottare per questa libertà – spiega a voce alta Michele Mindicini -. Contro l’illiceità di questa disposizione noi non chiuderemo! Protestiamo, in modo civile, come la cultura insegna, ma restiamo aperti, nel rispetto dei protocolli. Se obbedire significa sottoporsi nuovamente a sventate vessazioni, questa volta non obbediremo! Il teatro è un luogo sicuro e controllato e noi diciamo basta con questo sciacallaggio».

E al coro di protesta ecco unirsi Gigia Bucci, segretario generale Cgil Bari con una provocazione: se chiudono i teatri e lasciano aperte le chiese, allora portiamo lo spettacolo nelle parrocchie. «Che differenza c’è tra un monologo teatrale e un parroco che celebra la messa? Allora trasformiamo le chiese in teatro o cinema - scrive la segretario -. Quello della cultura è un settore produttivo che a Bari e provincia ha necessitato di decenni per decollare. Nei cinema, nei teatri, ma anche nelle palestre, sono state adottate misure serie e rigorose per contrastare la diffusione del coronovirus. E infatti non mi risulta né a Bari né altrove, che ci siano stati focolai in cinema, teatri, musei, e neppure palestre o centri benessere che invece subiscono con queste misure restrittive un danno enorme. Nel settore dell’industria culturale sono impiegati migliaia di professionisti che hanno famiglie e mutui da pagare e figli che studiano e che ora sono nello sconforto più totale. Lo dico senza mezzi termini: a me questo nuovo decreto sembra essere stato fatto seguendo esclusivamente i criteri economici dei settori che trainano di più. Per cui i settori che movimentano più danaro restano aperti, pensiamo ai centri commerciali, mentre gli altri si arrangiano. Un lavoratore impiegato nella cultura e nello sport è da considerarsi al pari degli altri. Per questo sarò in piazza venerdì 30 ottobre insieme alle lavoratrici e ai lavoratori dello spettacolo per manifestare insieme a tutto un comparto oggi in grande sofferenza e parliamo di centinaia di lavoratori che non hanno ancora ricevuto gli ammortizzatori o le indennità e sono ancor oggi senza tutele garantite, nonostante le promesse».

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