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Acquaviva, il sogno di una vita accantonato per l’epidemia «Ma la voglia di mettersi in gioco non passa»

 
Franco Petrelli

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Franco Petrelli

Anna Tria

Una commerciante racconta del progetto di aprire una boutique, che non ha ancora potuto realizzare per il Coronavirus

Martedì 28 Aprile 2020, 14:08

ACQUAVIVA - «Siamo convinti che per le imprese commerciali ci potrebbe essere ancora posto per tutti, ma...». Anna Tria, coniugata e madre di una figlia, inizia a raccontare la sua storia e subito pone l’accento: alla fine dello scorso mese di marzo avrebbe già dovuto aprire una boutique da donna in via Don Cesare Franco ma ancora non può.

Una sorta di progetto essenziale per il futuro. «Partendo dalla convinzione - confessa - che in tanti anni di lavoro, la gente ha ben compreso come l’abito non fa il monaco ma ci dovrebbe rappresentare bene. E in questa ottica ritengo come non sia più necessario esprimere un look dispendioso, ma tutti sappiamo quanto il codice dello stile possa risultare vincente, e se capita di vestirsi, a qualsiasi età, in modo inconsapevole, nella società dell’immagine, si potrebbe correre il rischio di faticare maggiormente per conquistare un miglior biglietto da visita iniziale». Ma la collisione del Coronavirus che sulle attività produttive di Acquaviva, così come altrove, sta causando danni non di poco conto per una comunità che nel rispetto di regole e comportamenti, dal Covid 19 sta cercando di venirne fuori.
«Questa situazione avrebbe frenato la realizzazione di un mio sogno - continua Anna Tria - e del mio socio, Pino Carella che, nel proporre questo progetto commerciale, raccontiamo una storia, l’amore per la moda e per il design, la ricerca e il voler mettersi in gioco, in un momento difficile come questo». Da quanto tempo fa questo lavoro? «Io, da 35 anni e Pino da 25. Per tanto tempo abbiamo lavorato insieme in una grande boutique, a gennaio abbiamo preso la decisione di seguire il nostro sogno e di sentirci pronti a camminare con le nostre gambe. Una decisione non facile. Ma dopo anni di sacrifici e di una lunga gavetta, la voglia di mettersi in gioco, una volta emerso, ha avuto la meglio. A metà febbraio - prosegue - sono cominciate le opere di riattamento del locale, dovremmo essere riusciti ad adempiere ad ogni impegno burocratico e ci auguriamo di potere procedere all’inaugurazione di un negozio che venderà capi di abbigliamento, con tessuti di derivazione naturale, a cui intendiamo aggiungere complementi d’arredo per la casa».

E per quanto riguarda le attuali limitazioni? «Si tratta di un dovere quello di assicurare la massima igiene del locale e dei prodotti, posti in vendita. Si è previsto che dobbiamo provvedere alla sanificazione dei camerini e ugualmente dei capi di abbigliamento, i quali sottoposti a prova, dovranno risultare sanificati». Dopo anni di esperienza Anna Tria quali consigli sente di dare consigli alle nuove generazioni: «serve studiare, fare tanta ricerca internazionale e scavare negli archivi, interconnessi con l’attualità sia di iniziative legate con la moda che di processi di progettazione. E sapere essere contigui alla gente. Un vestito rappresenta un codice, quasi in sintonia con le buone maniere. A volte ciò che esternamente sembra, è quello che siamo». Intanto, però, quel sogno è ancora infranto sugli scogli dell’emergenza. Attende ancora che il mare torni calmo.

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