BARI - «Ti salvi se mi arrestano, se no ti mando in ospedale», scriveva alla giovane donna conosciuta su Facebook e con la quale aveva avuto una breve relazione. Quasi un segnale premonitore se alla fine, effettivamente, F. M., 26 anni, di un paese della provincia di Bari, è stato arrestato veramente venerdì scorso con le accuse di stalking e divulgazione di foto e video a contenuto sessualmente esplicito destinate a rimanere assolutamente privati. Ovvero il «revenge porn». Il gip del Tribunale di Bari Giovanni Abbattista ha accolto la richiesta del pm Ignazio Abbadessa che ha coordinato le indagini lampo dei carabinieri. Gli atti persecutori e la diffusione delle immagini intime, entrambe aggravate dalla relazione sentimentale che c’era stata tra i due, sarebbero stati commessi in un mese a cavallo tra gennaio e febbraio di quest’anno. Sussistenti per il giudice sia i gravi indizi di colpevolezza, sia le esigenze cautelari: dopo sequestri e perquisizioni l’indagato avrebbe continuato a inviare foto intime di lei da un’altra utenza.
Questa brutta storia ha inizio nel novembre 2019 quando, stando alla denuncia della vittima residente in un altro paese nella provincia di Bari, lavoratrice e madre, conosce F. M. su Facebook. Dalla conoscenza virtuale si passa presto a una relazione sentimentale, troncata dalla donna dopo poche settimane. Lei, infatti, scopre che lui le aveva mentito, presentandosi con un cognome falso. Bugie anche quando dice che si trova in un paese, mentre in realtà era in un altro. Tante spie sulla non sincerità di lui che, insieme ad altri elementi, spingono la donna a chiudere la storia, non fidandosi di lui. Da quel momento, stando alla denuncia, lui diventa assillante. Si presenta sul luogo di lavoro della ex con piccoli regali che vengono prontamente restituiti. Soprattutto, la tempesta di messaggi su Whatsapp della serie «Imparerai», «ti devo fare nuova nuova»; «tr... sei morta», «sputtanata dappertutto». Soprattutto, sui cellulari di alcuni colleghi di lavoro di lei, giungono foto e video riguardanti momenti intimi della relazione che la vittima aveva avuto con l’indagato. Lo stato di ansia e di paura aumenta al pari del senso di vergogna. La vittima teme per le ripercussioni sul piano personale e lavorativo. Scattano perquisizioni e sequestri. L’uomo non si arrende. Stando alle indagini, l’obiettivo è screditarla con quelle foto intime, come lavoratrice, come donna e come madre. Lui chiede anche di iscriversi su un gruppo su Whatsapp di concittadini della donna nel tentativo di destabilizzarla e rovinare la buona reputazione di lei.
Una sera, siamo ai giorni scorsi, lui si presenta nei pressi di casa della vittima. Lei ha paura e chiama i carabinieri. Ritornano in mente le tante frasi minacciose: «Se ti uccido non risolvo niente... ti farò del male e ti lascerò il segno che porterai a vita». E poi c’è la diffusione di quelle immagini sessualmente esplicite inviate ad estranei e che sarebbero dovute rimanere assolutamente private. Il cerchio si chiude, scatta l’arresto.
Sabato mattina l’indagato, assistito dall’avvocato Giovanni Ladisi, si è avvalso della facoltà di non rispondere. La difesa dell’indagato valuterà se impugnare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere innanzi al Tribunale del Riesame.