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Xylella, a Bari l'indagine sul batterio importato

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

xylella

Secondo l'accusa i documenti con cui nel 2010 vennero importati da Belgio e Olanda alcuni ceppi di Xylella Fastidiosa furono falsificati

Venerdì 10 Maggio 2019, 09:32

L’accusa - che potrebbe essere prescritta - è di aver falsificato i documenti con cui nel 2010 vennero importati a Bari dal Belgio e dall’Olanda alcuni ceppi di Xylella Fastidiosa, quelli utilizzati nell’ormai famoso workshop svolto all’Istituto agronomico mediterraneo che secondo i complottisti avrebbe introdotto in Italia il batterio killer degli ulivi. Verte su questa ipotesi il fascicolo che la Procura di Lecce ha trasmesso ai colleghi di Bari dopo l’archiviazione dell’inchiesta sugli scienziati accusati di aver favorito l’epidemia.


L’episodio ricostruito dall’ex Corpo forestale dello Stato ha i contorni del giallo, soprattutto perché uno degli indagati, il ricercatore Franco Valentini dello Iam, ha detto agli investigatori che gli esemplari importati appartenevano alla sub-specie «Multiplex», e non alla «Pauca» ritrovata in Salento. Per questo, nell’aprile 2015, la Forestale si era presentata con un ordine di esibizione allo Iam che - in quanto organo collegato alle Nazioni unite - gode di immunità paragonabile a quella diplomatica. Qui, una funzionaria dell’istituto consegna una dichiarazione con cui - pur non rinunciando all’immunità - lo Iam acconsente all’acquisizione, ma poi la stessa funzionaria chiede di restituire il documento e lo strappa dicendo «di essere stata aspramente richiamata dai suoi superiori». I militari riescono poi a ottenere una fotocopia di un «verbale di controllo» del materiale importato, firmata da Valentini e dall’allora responsabile dell’Osservatorio fitosanitario regionale, Antonio Guario.


Secondo la ricostruzione della Forestale, i materiali effettivamente importati sono «del tutto differenti rispetto a quelli per i quali era stata richiesta l’autorizzazione», cioè quattro ceppi di Fastidiosa provenienti dal Belgio: una «ulteriore e diversa introduzione di materiale infetto», arrivato invece dall’Olanda e trasportato da uno studioso che avrebbe poi partecipato al workshop. La lettera di autorizzazione per questo secondo lotto di materiale, secondo la Forestale, sarebbe stata rilasciata in un secondo momento: lo proverebbe un timbro dell’omologo ufficio olandese con data posteriore a quella del verbale di apertura dei campioni, e - soprattutto - il corriere indicato nel verbale (Dhl) ha confermato che la spedizione non era mai avvenuta. «I due verbali attestanti il controllo del materiale in arrivo allo IAM-B di Valenzano (BA), così come anche i verbali di verifica e distruzione del materiale contaminato - secondo la Procura di Lecce -, risultano tutti redatti su carta semplice non riportante alcuna intestazione e/o protocollo di registrazione, prestandosi, pertanto, a facili sostituzioni nel tempo». La Forestale ritiene «priva di plausibile giustificazione» l’importazione in Italia da parte dello Iam«a scopi di ricerca scientifica e di studio per la formazione di esperti» di tutte le sottospecie di Xylella ad eccezione proprio della «Pauca» che infetta il Salento.
Oltre che il giallo dell’importazione dei campioni del batterio, la Procura di Bari dovrà chiarire il contenuto di alcuni documenti redatti da ricercatori dell’Università di Bari, del Cnr e del «Basile Caramia» di Locorotondo, oltre che da un altro ed dirigente dell’assessorato Agricoltura della Regione

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