Si spegne un’altra insegna storica del commercio di Bari. Entro fine ottobre cessa le attività la salumeria De Carne di via Calefati, bottega di delizie alimentari fondata nel 1952 da Onofrio De Carne e Pasquale Lucignano. L’ultimo titolare, Piero Lucignano, 58 anni, nipote di Rosa De Carne, va in pensione scrivendo la parola fine su una tradizione consolidata nel murattiano (gli eredi non proseguiranno).
«Tutto era iniziato proprio negli anni 50’, come evoluzione della vendita al mercato che si teneva in piazza San Ferdinando. Il nostro patriarca, Onofrio, da formaggiaro, decise di aprire un negozio per il figlio grande, Francesco De Carne, che morì giovane. La prima sede? - racconta Piero Lucignano - Era in via Calefati 118, poi nel 1963 il trasferimento al civico 130, dove siamo adesso». Il locale fu ristrutturato nel 1989 ed è arredato con marmi pregiati «su disegno dell’architetto Gaibazzi di Parma, con la collaborazione della azienda Bocchini di Ancona».
De Carne ha consolidato per decenni la sua fama grazie ad un banco nel quale capeggiavano primizie e vere eccellenze gastronomiche. «Siamo stati tra i primi a vendere - ricorda ancora Lucignano - il baco da seta in scatola, e i salumi delle migliori aziende nazionali come i prosciutti San Daniele dei fratelli Muraro o la Mortadella Alcisa del signor Ivo Galletti di Bologna, che ci ospitava nella città felsinea. Oltre ai prodotti scelti, la differenza l’ha sempre fatta la cura del cliente e la qualità del servizio che solo chi è cresciuto in questo settore può garantire. Ho iniziato a lavorare nell’ottobre 1975. Avevo 15 anni, sempre stato nel negozio. La gavetta? Come garzone, poi con le consegne al domicilio. Dopo un po’ di anni ho iniziato a lavorare dietro al banco. Con mia figlia Nakita, abbiamo vissuto la quarta generazione dell’attività».
Il mondo del commercio nel centro di Bari è cambiato e la chiusura delle storiche insegne fotografa la metamorfosi del quadro socio-economico. E su questo fronte Piero De Carne offre considerazioni che inquadrano il problema: «Negli ultimi dieci anni, con le giunte Emiliano soprattutto, il commercio nel murattiano ha pagato l’apertura indiscriminata di tanti supermercati che hanno desertificato il panorama, e degli iper che possono vendere tutti i giorni dell’anno. In questo frangente ho dovuto licenziare almeno dieci dipendenti a tempo indeterminato, posti di lavoro che non so se sono stati poi assorbiti dalla grande distribuzione. Le regole di apertura e le scelte politiche hanno il loro peso: andando avanti così la professione di salumiere in proprio non ha futuro».
E alla fine è tempo di amarcord: «Chiudo il negozio con tante gioie: il marchio registrato lo porto con me. Lascerò qui un pezzo del mio cuore, ma - lo dico con una metafora calcistica - mi ritiro al momento giusto, non da fallito. Come cimelio mi conserverò una affettatrice Berkley del 1966, rosso Ferrari». «L’ordinazione impossibile? Nel 2016 riuscì a consegnare, nonostante le forti nevicate, un super tartufo di Alba ad un mio cliente, nonostante la bufera. I nostri avventori ricorderanno le nostre proposte più originali: la bresaola di Cavallo, il prosciutto di Cervo, il formaggio stagionato in grotta su Paglia, il formaggio blu di fattoria dei Monti Dauni, il formaggio di capra in cenere di ulivo, lo sfoglio di mozzarella affumicata con la ricotta, lo speck della Foresta Nera». E comprare queste prelibatezze in un futuro prossimo su web non avrà mai lo stesso sapore che al banco della storica bottega barese…