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Zecchino d’oro l’infanzia d’Italia

 

Giovedì 24 Settembre 2009, 19:14

02 Febbraio 2016, 20:47

di Enzo Verrengia

«Tutti i bambini, tranne uno, crescono», scrive James Matthew Barrie all’inizio di Peter Pan. Purtroppo, nella realtà non esistono le eccezioni. Il tempo scorre per le persone e le cose. L’invecchiamento è un obbligo. Anche per una rassegna altamente simbolica dell’universo infantile. Dunque, esattamente oggi, lo «Zecchino d’oro» compie mezzo secolo.
Era il 24 settembre 1959, nell’Italia del dopoguerra che compone una memoria collettiva fatta di immagini in bianco e nero. Carlo Triberti, storico direttore del «Corriere dei Piccoli», scrive una favola scenica ispirata a Pinocchio. Gliela suggerisce il regista ed autore televisivo Cino Tortorella, che deve condurre, al Teatro dell’Arte di Milano il «Salone del Bambino». Tre giorni, dal 24 al 26 settembre 1959, nei quali il tema conduttore sarà il burattino di Collodi.
Il testo teatrale di Triberti si suddivide in tre parti: «Pomeriggio di Mangiafuoco», «Il gatto e la volpe» e «Il campo dei miracoli». Una traccia che serve da collante per la gara canora. Il brano migliore verrà premiato con uno «zecchino d’oro» staccato dall’albero dei miracoli del romanzo di Collodi. Di qui il titolo della fiaba: «Festival dello zecchino d’oro». Gli interpreti sono dei bambini. Vince «Quartetto» di Izzi-Bignotti. Il vero evergreen di quell’esordio rimane però la canzone Lettera a Pinocchio di Mario Panzeri, cui legherà il suo successo Johnny Dorelli, con quel dolcissimo attacco: «Carissimo Pinocchio, amico dei giorni più lieti…».
L’evento di costume acquisisce nuovo spessore il 20 novembre dello stesso anno, allorché l’Assemblea generale dell’ONU vara la Dichiarazione sui Diritti del Bambino, nel quale si affermano i principi di bontà e solidarietà che ispirano le canzoni partecipanti allo «Zecchino d’oro».
Cino Tortorella, mente dell’iniziativa milanese, conduce indossando un costume divenuto autentica icona, con lustrini e mantello. Il suo personaggio era stato creato nientemeno che da Umberto Eco per la Tv dei ragazzi. Si chiamava «Zurlì, il mago del giovedì», e dava il titolo a un programma molto celebre per l’epoca. Dal 1959, sarà legato allo «Zecchino d’oro». La rassegna, poi, nel 1961 si trasferisce all’Antoniano di Bologna, dove resterà. E cambierà un po’ i costumi dei bambini italiani (dalle recite scolastiche ai tormentoni canori).
All’Antoniano fa il suo ingresso un’altra personalità che avrebbe segnato la storia dello «Zecchino d’oro». I frati dell’Antoniano interpellano per dirigere il coro la professoressa Mariele Ventre, bolognese di genitori lucani (il padre, Livio, di Marsico Nuovo, la madre, di Sasso di Castalda, entrambi i centri in provincia di Potenza). La musicista infonde un’impostazione che caratterizzerà lo «Zecchino d’oro» per tutti i trent’anni della sua direzione. Mariele Ventre scompare il 16 dicembre 1995, solo qualche giorno dopo la sua ultima presenza alla 38ª edizione della rassegna. L’amministrazione comunale di Marsico Nuovo le dedica la via in cui sorge l’abitazione paterna. L’anno dopo, esce il CD Omaggio a Mariele, con canzoni eseguite dal Piccolo Coro dell’Antoniano, che lei stessa aveva fondato nel 1963. Tra queste, Ele, un’elegia alla grande Mariele.
Per quanto i premiati siano gli autori dei brani, i riflettori del «divismo» si accendono sempre sui bambini. Una rassegna delle voci che per cinquant’anni si sono avvicendate sul palcoscenico sarebbe interminabile. Ma ci si può soffermare su episodi eclatanti, alcuni radicati nel meridione.
Il valzer del moscerino lancia Cristina D’Avena, nata a Bologna da padre di Apricena (Foggia). Lei ha solo tre anni, ma la sua carriera non finisce al Teatro dell’Antoniano. Intanto entra a far parte del coro fino all’età di 11 anni. Quindi, nel 1981 viene scelta per interpretare la sigla di un cartone animato su Pinocchio di produzione giapponese. È il compositore Filippo Martelli che si ricorda di lei e la segnala ad Alessandra Valeri Manera, che cura le trasmissioni per l’infanzia delle televisioni Fininvest. Per la D’Avena è l’inizio di un trionfo che la porterà a vendere 5 milioni di dischi. Il suo nome sarà associato alle serie più popolari e lei stessa diventerà attrice e produttrice.
Differente il percorso di Eliana Cristalli di San Severo (FG). Selezionata nel 1968 per il coro, ottiene uno spazio di gloria incidendo poi delle cover di Il pulcino ballerino, Il valzer del moscerino, Abracadabra e 44 gatti. Un numero, quest’ultimo, stampato anch’esso nel retaggio italiano dei decenni fanno dello «Zecchino d’oro» un caposaldo del costume nazionale.
Walter Brugiolo, nel 1967, riportò un’affermazione di grande simpatia con Popoff. Tanto che fu chiamato a interpretare dei «musicarelli», i film tratti dalle canzoni di successo, come Nel sole, Zum zum zum e Lisa dagli occhi blu. Nel 2008, Brugiolo si è addirittura candidato alla camera dei deputati.
Allora, i cinquant’anni dello «Zecchino d’oro» offrono un’altra prospettiva di analisi della crescita e dei mutamenti nella società italiana. Gli inviati dell’Antoniano che attraversano la provincia per le selezioni, con i rigorosi parametri di ricerca del vero talento sono modalità di un’attenzione e un rispetto per i valori dell’infanzia nel segno di un’etica insopprimibile.
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