Claudio Stefanazzi scrive a Antonio Decaro, candidato alla successione di Michele Emiliano. Stefanazzi non è solo un senatore della Repubblica e un dirigente di partito influente. È soprattutto l’uomo più vicino al Governatore della Regione Puglia Michele Emiliano con cui condivide ogni particella d’aria che si respira nelle nostre istituzioni.
Stefanazzi è uno «spin doctor» di non comune spessore, uno stratega che ha saputo assicurare negli anni stabilità nella coalizione di centrosinistra, accordi in armonia con le altre istituzioni, pace politica e, come scrive lui stesso, ha fatto di un gruppo dirigente un «unicum nazionale». Insomma, il Senatore Stefanazzi è senza alcun dubbio uno che conta, uno che non parla a vanvera, è uno che dice una cosa solo dopo che alla comunicazione che sta per uscire viene eseguita una «autopsia» preventiva e nel caso della sua lettera a Decaro, si è trattato proprio di quella, di una «autopsia» seguita a quanto avvenuto nella querelle tra Decaro e Emiliano ove, sempre per citare le sue parole, accusa Decaro di aver reso un passaggio che doveva essere pieno di felicità in una «Via Crucis» che ricorda a tutti l’epilogo della stessa.
Le sue parole sembrano una sentenza con poche possibilità di appello ove definisce il comportamento di Decaro un «precedente pericoloso» ma soprattutto gli ricorda di aver messo «da parte quell’idea che, comunque vada, ci si salva sempre insieme nella certezza che alla fine sarebbe stato comunque meglio per tutti mostrare unità e compattezza. E di questa compattezza e sicurezza abbiamo goduto tutti».
Stefanazzi rinfaccia a Decaro in sintesi pure di aver dimenticato quello «spirito di gruppo in alcuni passaggi della tua vita pubblica» e che …«qualcuno avrebbe provato a farti le scarpe». È presumibile il riferimento al travaglio vissuto da Decaro con l’inchiesta «Codice Interno», ed è chiaro il senso del suo messaggio eloquente. Così come è chiaro che «il patto si è rotto», lo dice chiaramente il senatore Stefanazzi, e quindi che in Puglia nasce una fase politica nuova ove non saranno più le trattative e le negoziazioni interne e esterne a rappacificare gli interessi del centro sinistra con le sue influenze nella vita pubblica, ma assisteremo a una clamorosa resa dei conti. Michele Emiliano non è uno che si tiene niente, non è uno sprovveduto e soprattutto non è uno che dimentica un tradimento.
Emiliano potrebbe mirare all’obbiettivo di dimostrare che senza di lui in Puglia si perde e vista la storia degli ultimi 20 anni e il suo «esercito» di reclutati c’è da credergli oggettivamente.
Ma Emiliano, strategicamente, non ha detto una parola, ci ha pensato dopo accurata riflessione il suo riferimento più autorevole, il senatore Stefanazzi, che ha fatto capire chiaramente a Decaro che ora deve dimostrare di «essere il più forte per garantire una governance stabile e duratura» ricordandogli altresì che «i veti generano veti. La paura genera paura. L’ansia crea insicurezza e mina le certezze nei leader».
Claudio Stefanazzi, insomma, ha aperto una nuova stagione per la Puglia oppure si appresta a chiuderla ove, qualora Decaro dovesse essere sconfitto, le colpe non potranno che essere dell’ex sindaco di Bari con buona pace dei sogni già costruiti e di tutta una serie di palcoscenici che già il cerchio magico di Decaro sente già di possedere. Ma una cosa sono i sogni, un’altra sono i fatti e quello che effettivamente i cittadini pugliesi decideranno recandosi alle urne a fine novembre ove la memoria dell’andazzo degli ultimi 20 anni in Puglia e le mortificanti sceneggiate degli ultimi mesi mirate evidentemente a accaparrarsi il potere, dovrebbero far riflettere l’elettore interrompendo l’incantesimo di oggi ove prima ancora del voto c’è chi pensa di aver già vinto. Vedremo se sarà così.