Entrambe sono nate per diventare il simbolo della speranza e della rinascita. L'una compie 90 anni, l'altra 56, opere «gemelle» non nelle fattezze ma nelle intenzioni, nell’anima, nel messaggio da lasciare alle rispettive comunità.
Da sempre c'è un ideale ponte che unisce le statue del Cristo Redentore di Rio de Janeiro (Brasile) e di Maratea (Potenza), rapporto partorito dall'ispirazione dell'artista fiorentino Bruno Innocenti, di ritorno da un viaggio oltre Oceano, a cui negli anni Sessanta il conte Stefano Rivetti affidò il progetto della scultura dominante sul porto della «perla del Tirreno».
Tra le opere più iconiche di tutti i tempi, sdoganata e, spesso, «violentata»» fino ad addentrarsi nella blasfemia per calarla in contesti più disparati, dal cinema alla musica, trasformandola anche in un avatar di Ronaldo (quello «vero», direbbero gli interisti), la statua della metropoli brasiliana festeggerà il suo novantesimo compleanno il prossimo 12 ottobre.
E per celebrare la ricorrenza verrà sottoposta a un grande restauro, con l'obiettivo di depurarla da decenni di smog e ristorarla dopo lustri d'esposizione al «sole spacca pietre», per dirla con Vinicio De Moraes, musicista di Rio scomparso nel 1980. L'eco della ricorrenza riecheggia a migliaia di chilometri di distanza, nell'anfratto lucano sul Tirreno, dove il legame con la città che ha dato i natali a Paulo Coelho va al di là della simbologia delle due statue: le comunità sono unite sin dall’800 da fenomeni migratori, come si registra nelle anagrafi brasiliane dalle cui pieghe spuntano cognomi con chiare origini marateote.
Intere famiglie partite in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo e che all'ombra del Cristo hanno continuato ad innaffiare le radici lucane di generazione in generazione. Nel solco di questo terreno arato dalla memoria il sindaco di Maratea, Daniele Stoppelli, ha firmato una sorta di gemellaggio con Padre Omar, il Rettore della Mitra Arcivescovile, proprietaria della scultura del Redentore che con i suoi 38 metri di altezza giganteggia su tutta Rio.
Si favoriranno scambi culturali, eventi, occasioni di incontro nella comune speranza di superare la pandemia al più presto. Il simbolismo delle due opere, in questa emergenza epocale, è il gancio che regge la fiducia al futuro. In Brasile il monumento fu plasmato proprio con l'idea di farne un «manifesto» all'ottimismo, approccio che Innocenti mutuò nella versione lucana del Cristo: «La statua – scriveva l'artista - sorge candida sulla cima del monte San Biagio, imponente, ma discreta; non un urlo dal mare verso le valli, ma un pacato richiamo ad accogliere e a raccogliere, a rinfrancare la speranza».