Questa volta la gestione della pandemia sembra aver imboccato un vicolo cieco. Se, infatti, già nei mesi scorsi direttive non omogenee e continui scontri con le Regioni hanno generato in più occasioni criticità superate a fatica, quanto sta accadendo in questi giorni ha assunto toni e scelte davvero difficilmente gestibili. Sarà la stanchezza di chi vi si sta dedicando ormai da oltre un anno, sarà il fatto che il Coronavirus si sta dimostrando assai più coriaceo e mutevole di quanto si pensava, sta di fatto che la confusione regna sovrana.
Più che un caso, dunque, un caos.
Perché fermare tutto il settore delle vacanze sulla neve a poche ore dalla ripresa, naturalmente attesa dagli operatori come manna dal cielo? Eppure il nuovo governo si presenta con un Ministero del turismo ad hoc, la cui novità è stata sottolineata da Mario Draghi al momento di render noto l’organigramma dell’esecutivo. Certo, si tratta di scelte che si pongono a cavallo tra il suo governo e il precedente, ma che il Presidente del Consiglio – com’è stato ufficialmente ribadito – ha condiviso. E non è un buon inizio.
Il ministro Roberto Speranza ha ribadito la priorità della salute, e non si può non essere d’accordo, ma perché comportarsi come se fosse arrivata all’improvviso un’invasione di campo cui l’arbitro non trova altra maniera di rispondere che fischiando la fine anticipata della partita?
In tutto questo è esploso il caso – subito tramutatosi in caos – del lockdown ipotizzato da Walter Ricciardi. Non esattamente l’ultimo degli esperti, essendo il consulente del ministro della Salute Speranza che, al momento, non si è espresso in proposito. La corte degli esperti, sguinzagliati per ogni dove dallo scorso febbraio a dispensare consigli, suggerimenti, proclami e previsioni, si è subito divisa, coprendo tutto lo spettro delle possibili opinioni a riguardo. La più gettonata sembra quella di istituire microzone rosse. E di accelerare la campagna vaccinale, che continua a perdere colpi.
La verità è che si tratta di una scelta politica, assai delicata perché – come tutti sanno – coinvolge da un lato il diritto alla salute dall’altro un’economia ormai alle corde. Servirebbe tuttavia una presa di posizione netta, un orizzonte (per quanto possibile) certo, perché il maggior danno finora si è prodotto proprio per quegli step progressivi, legati alle cadenze dei DPCM, con proroghe all’infinito di stop spesso alquanto pesanti.
E servirebbe un’armonia che, al di là delle apparenze, non c’è.
Eppure un governo di larghe intese dovrebbe suggerire un clima di pacificazione nazionale. Quel clima vissuto in occasione del primo, lungo lockdown. Non è così. Lo dimostrano gli attacchi di colleghi di governo e leader di partito alle recentissime scelte emergenziali e ai relativi protagonisti. A prevalere, insomma, ancora una volta interessi ed egoismi.
Non c’è una soluzione preconfezionata – anche se in molti, Ricciardi compreso, citano i casi di altre nazioni europee come la Germania o la Francia, di nuovo in lockdown duro –, ma governare significa decidere, scegliere la strada che si ritiene migliore. Anche rischiando. E c’è da augurarsi che Mario Draghi attui quel cambio di passo necessario per ridare fiducia a molti italiani ormai fiaccati da questa interminabile emergenza. Gli esperti, in fondo, si limitano a dare delle indicazioni prospettando una serie di ipotesi (in una materia peraltro ancora sfuggente).
Angela Merkel ha avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di ammettere che sono stati fatti errori nella gestione della prima fase della crisi pandemica. Questo significa essere uno statista. E Winston Churchill (un altro grande statista) nell’ora più buia della Seconda guerra mondiale, quando tutto sembrava perduto, osò – contro il parere di tutti – scelte inusitate riuscendo a sconfiggere i tedeschi e salvando l’Occidente. Nessun’occhio al consenso, ma solo alle sorti del Paese. Nei momenti di emergenza, insomma, occorre agire con determinazione, anche a costo di sbagliare. Vietato cincischiare.
Il punto nodale resta quello di un’Italia ormai vicina al knockout.
Non sembri un’espressione esagerata. I danni emergeranno nel medio e nel lungo periodo. E non solo sul piano economico. Oggi il must è diventata la discussione sulle varianti del virus, che fino a poco tempo fa si descrivevano come ininfluenti. Ancora una volta un fattore di confusione. E comunque l’inutilità di una discussione mediatica sull’argomento è fuori discussione.
Sono (o dovrebbero essere) i virologi a doversene occupare, anche se ormai è sempre maggiore la consapevolezza che persino gli scienziati facciano fatica a muoversi su di in un terreno insidioso e circondato da filo spinato. Come nella guerra di un tempo, quella di posizione. Con la speranza che l’ora più buia ceda il passo ad una luminosa primavera