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Se il destino dei 5stelle si decide a Mezzogiorno

 
Roberto Calpista

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Roberto Calpista

La strada dei due forni illuminata a 5 stelle

Molti, che non si riconoscono più in un M5S geneticamente modificato come una pannocchia della Monsanto, se ne andranno

Sabato 13 Febbraio 2021, 15:39

Forse un giorno, nei saggi di politica, sarà il triennio 2018-2021 a indicare la parabola di chi doveva aprire il parlamento come una scatola di tonno, ma poi in quelle aule ha preso a sguazzarci. Beninteso, i 5Stelle, usciti a pezzi dal voto a favore o contro il governo Draghi, non avevano scelta: dovevano dire sì, come ha fatto il 59% degli iscritti per non isolarsi nel momento di maggiore debolezza, rischiando peraltro lo scioglimento delle Camere e le elezioni politiche anticipate. Ma il prezzo da pagare sarà carissimo.
Molti, che non si riconoscono più in un M5S geneticamente modificato come una pannocchia della Monsanto, se ne andranno.

o ha già annunciato Alessandro Di Battista, facendo aleggiare ancora una volta il fantasma della scissione.
Non è una questione di essere a favore o contro un governo a forte trazione europeista. L'europarlamentare pugliese, Mario Furore, l'ha spiegato bene in un post: «Bruxelles, in piena pandemia, sta mostrando il volto buono nei confronti di chi sta messo peggio. Si chiama solidarietà, ed essere contro non avrebbe senso. Ma è tutto il resto che non funziona».

Il 2018-2021, appunto. I grillini sono passati con nonchalance, dall'alleanza con la Lega a quella col Pd, per poi sostenere un «banchiere», tipica espressione dei «poteri forti». Il Movimento 5 Stelle si trova forse nella situazione imbarazzante nel dover sostenere un governo che non solo nasce dalle ceneri di un gioco di palazzo, guidato dall’odiato Renzi, che ha fatto saltare per aria la loro creatura più riuscita e popolare – Giuseppe Conte – a cui fino a pochi giorni fa giuravano assoluta fedeltà, ma sarà anche guidato dall’ex presidente della Bce, l’uomo che per certi versi rappresenta tutto ciò contro cui Grillo&C hanno lottato negli anni: l’austerity, l’euro, lo strapotere delle banche.

Il sostegno all’esecutivo Draghi è arrivato solo al prezzo di un’ennesima faticosa, e costosa, giravolta. Da quando Vito Crimi ha dichiarato la contrarietà del Movimento, subito dopo il conferimento dell’incarico a Draghi da parte di Mattarella, sembrano passati secoli e le posizioni più estreme — rappresentate da Alessandro Di Battista, e da altri esponenti di punta come Barbara Lezzi e Nicola Morra — vengono sospinte ai margini, in nome di un trasformismo disinvolto che ormai è entrato a far parte della natura stessa del M5S. Ma non abbastanza da convincere il Dibba «rivoluzionario», che ha annunciato un addio foriero di una rottura definitiva tra vertici ed ortodossi.

Con sullo sfondo la battaglia tra gli eletti e Davide Casaleggio sulla gestione della piattaforma Rousseau. Che, invece, si sta riprendendo sempre più spazio riorganizzando i territori. Un lavoro capillare che il M5s ha da tempo colpevolmente lasciato da parte. Ma che potrebbe essere la chiave per la rifondazione di un movimento ispirato da Di Battista.
Una spaccatura sempre più evidente in Parlamento: la pattuglia di «dissidenti» dall’ala governativa, è ormai uscita palesemente allo scoperto e si conta. Guardano a Dibba, a Barbara Lezzi, a Danilo Toninelli, alcuni annunciano senza timori che voteranno no alla fiducia a Draghi. Addirittura c'è stato chi, a urne ancora aperte, profetizzava una possibile scissione al contrario, quella dei «governisti» in caso di vittoria dei No. Forse, della cinquantina circa di «dissidenti», solo in pochi arriveranno a non votare la fiducia, avendo dichiarato di voler rispettare la volontà degli iscritti. Ma l'addio di Dibba al Movimento, potrebbe di nuovo cambiare le carte in tavola.

Così come il futuro potrebbe essere deciso, in negativo, proprio in quel serbatoio di voti grillini che è stato il Sud. Il Sud li ha esaltati, il Sud rischia di scaraventarli giù dal potere romano. Non a caso qualcuno ha fatto notare che «nati come movimento di opinione, hanno suscitato interesse in una fase molto particolare, non ha più senso parlarne».

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