No. A casa i conti non tornano. In questo procedere senza una bussola inequivocabile contro i guai causati (in atto e in potenza) da un virus infido e pernicioso, chi ci va di mezzo sono le famiglie. E le madri lavoratrici, soprattutto.
Prendiamo il caso Puglia, che ci riguarda in prima persona. Il presidente Michele Emiliano, preoccupato, a giusta ragione, dai numeri dei contagi nelle scuole, immaginiamo con il parere dell’assessore esperto Pier Luigi Lopalco, le ha chiuse. Tutte, tranne le materne. Ma l’equazione bambini/ragazzi in “dad” a casa e genitori al lavoro, nasconde qualcosa di diabolico per migliaia di famiglie pugliesi.
Niente lezioni in presenza, ma solo didattica a distanza, il cui famigerato acronimo “dad”, in questi mesi hanno imparato a conoscere - e non sempre apprezzare – mamme e papà alle prese con funambolismi degni di un artista del fallito “Cirque du soleil” per tenere insieme le ragioni della salute e del lavoro.
Già, il lavoro. Dettaglio non trascurabile affatto in tempi di magra come questi. Chi ce l'ha se lo tiene ben stretto. Ma come fare se i bambini sono a casa e i genitori in negozio, in fabbrica, nei campi, in ospedale? Insomma, in quei luoghi in cui non possiamo delegare la nostra presenza fisica alla tecnologia?
Problemi vostri (e nostri). Favorire il più possibile lo “smartworking”, è diventato il mantra di questo governo. E lavorare da casa con una pandemia in atto può sembrare ragionevolmente sacrosanto. Ma non è, purtroppo, per tutti. Chi non ha mezzi importanti di sostegno economico, o un welfare familiare robusto capace di sopperire all’assenza temporanea di mamma e papà, non ha grandi alternative. O abbandona temporaneamente, ma appare improbabile, tra le quattro mura di casa i figli, o rinuncia al lavoro. E se sceglie la prima soluzione, che per altro configura un reato e disegna enormi responsabilità materiali prima ancora che morali, sa che sceglie di lasciare un bambino davanti ad un pc, presupponendo che se la sappia cavare con i vari “classroom” e “meet” e “teams”. E qui nasce un’altra questione. Quanti di voi leggendo questi termini inglesi sa di che parliamo?
I programmi per la fruizione in sincrono delle lezioni scolastiche, sono meravigliosi. Ma presuppongono ben più che una alfabetizzazione informatica di base. Un bimbo di 7 anni, insomma, non può fare tutto da solo. La scuola a distanza, come abbiamo imparato tristemente più volte durante lo scorso lock-down, accresce il “digital divide”, il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione (in particolare personal computer e Internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale.
Chiudere le scuole in Puglia senza venire incontro alle famiglie, lascia queste ultime con il cerino in mano. A marzo il Governo serrò negozi ed attività. Le mamme lavoratrici si rimboccarono le maniche e diventarono anche maestre a tempo parziale. Ma ora i conti non quadrano proprio. Prendiamo ad esempio, una coppia di commessi. Se incidentalmente genitori di bimbi in età scolastica, e magari senza nonni, zii, vicini di casa da utilizzare al bisogno, come faranno fronte a questa situazione?
Consumeranno le ferie (già dimagrite dopo il precedente lock-down), chiederanno qualche permesso non retribuito, magari un po' di aspettativa – se potranno – e, alla fine, saranno costretti a decidere salomonicamente, tra i figli e il lavoro. Quasi sicuramente a casa rimarrà la donna, schiacciata dall’obbligo di accudire per necessità improcrastinabile i figli.
Tra i due genitori, un po’ per cultura, un po’ per gap di genere, chi sarà penalizzato da questo stop - se pur temporaneo - delle scuole, saranno di sicuro le mamme. Il divario tra uomo e donna al lavoro, quando tutto questo sarà finito, diventerà insostenibile. Serve un intervento immediato e coraggioso. Così come lo è stato quello di chiusura delle scuole di fronte ad un rischio altrettanto insostenibile. Serve una clausola di salvaguardia sociale nobile e alta che garantisca le donne madri e lavoratrici.
La politica, tra un bonus vacanze e un monopattino in omaggio, faccia pressing sulle aziende e le sostenga, affinché si trovi il modo di salvaguardare l’occupazione femminile e il welfare di tante famiglie pugliesi.