Il coronavirus nel volgere di pochi giorni ha spazzato via il tradizionale modo di fare scuola «in presenza» costringendo tutti: dirigenti, docenti e alunni a ripensare un nuovo modello, non più relazionale ma virtuale, gettando così le basi per una didattica nuova in cui tutti saranno sempre più connessi con l’obiettivo di assicurare ai ragazzi la stessa formazione garantita fino a ieri dall’insegnamento tradizionale.
Tramontata definitivamente l’ipotesi di riaprire le scuole a maggio si guarda ormai settembre. Per il prossimo anno scolastico attività di didattica a distanza e in presenza (per interrogazioni, verifiche, compiti in classe, laboratori ed esercitazioni) dovrebbe essere la soluzione più probabile per evitare il sovraffollamento delle aule e il rispetto delle distanze tra gli alunni. Restano da definire altri particolari. Come in Cina si tornerà a scuola con guanti e mascherine sottoponendo studenti e docenti al controllo della temperatura? Gli ingressi saranno limitati? Quante le ore settimanali della scuola a distanza e di quella in presenza? Come sarà articolata la Dad, didattica a distanza? Computer, tablet, tv sono destinati a sostituire la presenza dei docenti in aula almeno fino a quando non sarà trovato un vaccino che assicuri il ritorno alla normalità di otto milioni e mezzo di studenti e 800.000 insegnanti. Un sistema misto che alterni didattica a distanza e in presenza sarà la costante.
Tutto bene se non fosse che la banda larga e le piattaforme informatiche digitali non coprono a sufficienza il territorio. Purtroppo al sud, situazione economica, Wi-Fi con difficoltà di connessione, parco Pc e tablet insufficiente e, spesso, vetusto, laboratori informatici, addirittura assenti o poco organizzati, sono ostacoli difficili da superare.
Malgrado ciò - sostiene Anna Cammalleri, direttrice dell’Ufficio scolastico regionale - «i dirigenti e i docenti si sono buttati a capofitto per risolvere in due giorni i problemi. Con una chat tra i 600 istituti della regione sono state diffuse le buone pratiche dei docenti e dei dirigenti che hanno dovuto risolvere anche una serie di problemi legati all’utilizzo dei device. Reti territoriali, esperti digitali, siti: tutto è servito per rendere migliore la didattica a distanza diventata parte integrante dell’offerta formativa». Nei primissimi giorni di sospensione dell’attività didattica, quando ancora non si sapeva che le lezioni sarebbero state ferme per settimane, i docenti hanno «tamponato» la situazione utilizzando i mezzi interattivi già in uso: in particolare, le chat WhatsApp, Messenger o Snapchat, utilizzando soprattutto i cellulari che tutti gli alunni possiedono. Poi, ma solo per breve tempo, sono subentrate le videochiamate Skype che tuttavia presentavano il grosso limite di non memorizzare documenti necessari a valutare il grado di apprendimento. Per ultime sono arrivate le app che permettono di realizzare videochiamate tra più utenti e, dunque in grado di realizzare una classe virtuale, fare lezione, inviare e correggere i compiti, interagendo con gli alunni, nel rispetto della privacy necessaria per evitare contestazioni da parte delle famiglie. Difficoltà si sono riscontrate per le verifiche e solo in un caso su quattro si sono svolte interrogazioni o compiti in classe. Il collaudato registro elettronico, le e-mail e le chat hanno contribuito a recuperare la dinamica relazionale che la scuola assicura.
L’apprendimento, dunque, è stato garantito dalle risorse messe a disposizione da ministero e Regione per le scuole pugliesi per un ammontare complessivo di oltre 4 milioni di euro, hanno tamponato una situazione difficile soprattutto per la scarsa dotazione strumenti digitali necessari alla didattica a distanza. Con la collaborazione delle amministrazioni comunali e delle forze dell’ordine, tablet e computer hanno raggiunto gli alunni che ne erano sprovvisti. La didattica a distanza è entrata così nella scuola ed è destinata a rimanere. Di utile supporto le iniziative messe in campo da Rai e Mediaset che hanno attivato canali interamente dedicati alla scuola con l’obiettivo di facilitare l’apprendimento utili per superare le difficoltà iniziali e per aiutare docenti , genitori e alunni.
«La pluralità di connessi assicura la continuità della didattica - dice Cammalleri che attende l’evolversi degli eventi prima di assumere decisioni - e la Dad è parte integrante non solo della didattica ma anche della formazione». Rimangono comunque altri problemi da risolvere in vista di un possibile ritorno a scuola. Per garantire la distanza di un metro tra un banco e l’altro saranno dimezzate le classi? Le ipotesi, visto che gli organici saranno gli stessi, sono: doppi turni (esclusi al momento dal ministro Azzolina), lezioni in presenza e a distanza e utilizzo di tutti gli strumenti informatici a disposizione, evitando però la passività dell’apprendimento e garantendo l’interattività. Il ministero sta pensando a una sua piattaforma uguale in tutta Italia. Il sindacato chiede più ascolto in questa fase delicata. «Serve garantire sostegno alle famiglie che non sanno come gestire la permanenza in casa dei figli soprattutto attraverso forme di didattica in presenza», ovvero a scuola ,sostiene Claudio Menga, segretario pugliese della Cgil Scuola. Le famiglie devono fare i conti, infatti, con la carenza di strumenti informatici, appena il 46% al Sud, una percentuale che si riduce sensibilmente se in casa si deve far fronte alle necessità di due o più figli. «Purtroppo non ci sono segnali da parte del ministro su come gestire in modo risolutivo questa fase complicata - continua Menga -. La scuola deve poter assicurare una didattica uguale su tutto il territorio da Nord a Sud. Su questo è necessario aprire un confronto in assenza del quale potrebbe profilarsi la mobilitazione della categoria». C’è tempo fino a settembre per adottare scelte condivise e garantire l’avvio regolare del nuovo anno scolastico.