Sabato 20 aprile nella sede di Nasca - Il teatro a Lecce (via Siracusa 28), prosegue la stagione di concerti di Good Vibes - Musica Cultura Ambiente con il progetto Linha de Passe della cantante Maria Pia De Vito e del chitarrista Roberto Taufic. Nel 2024 continua la collaborazione tra l'associazione, con la direzione artistica del contrabbassista Marco Bardoscia, e lo spazio sociale e culturale del capoluogo salentino, diretto dall'attore, autore e regista Ippolito Chiarello, ideatore del Barbonaggio Teatrale, e dalla sua compagnia Nasca Teatri di Terra.
Maria Pia De Vito è una delle voci più importanti del jazz nazionale ed internazionale, da anni sulle scene con progetti multiformi e sempre di grande impatto interpretativo e formale, affiancata da Roberto Taufic, chitarrista elegantissimo e dalla notevole raffinatezza musicale. «"Linha de Passe" è il proseguimento di un progetto di qualche anno fa, "Core/Coração", in cui traducevo in napoletano brani di Chico Buarque, Guinga, Egberto Gismonti, Tom Jobim - racconta Maria Pia De Vito alla «Gazzetta» - insieme a Roberto Taufic, con cui collaboro da anni, e ad altri grandissimi musicisti, abbiamo messo in piedi questa iniziativa transculturale, che unisce il Brasile e Napoli, inserendo molti elementi di improvvisazione. Io e Taufic siamo entrambi di estrazione jazzistica, proprio a livello di metodologia e approfondimento. C'è grande fiducia e interplay fra noi».
A tal proposito, come è nata questa amicizia con Taufic, brasiliano ma ormai italiano di adozione?
«Mi fu presentato circa 15 anni fa dal clarinettista Gabriele Mirabassi. Non è solo un chitarrista, è una mente, pensa come un'orchestra. Scrive arrangiamenti bellissimi, l'ho fatto incontrare con Huw Warren, con cui ancora suono. L'idea di unire la tradizione brasiliana al napoletano è nata, però, da Rita Marcotulli: anche se a casa mia si parlava l'italiano, la lingua partenopea è vicina alle lingue del mondo, ci sono influenze di spagnolo, arabo, francese, qualcosa di tedesco. È istrionica, camaleontica. Perfino Chico Buarque ha detto che secondo lui tutte le sue canzoni dovrebbero essere tradotte».
Il pubblico come risponde davanti a questa commistione linguistica e non solo?
«La cosa più bella è che naturalmente gli spettatori campani, pugliesi, romani, comprendono abbastanza il dialetto, ma ho portato il progetto anche in Svizzera e in Germania, e la reazione è stata uguale. Il suono trasmette emozioni, per me è ancestrale, ma anche se il pubblico non capisce le parole si lascia trasportare dal sentimento».
Donne e jazz: a che punto siamo messi?
«Sempre meglio, e non potrà che andare avanti sempre meglio. I tempi cambiano, ma i giovani evolvono meglio di chi li precede. C'è questa grande contraddizione tra gli orrendi femminicidi, e la bellezza del futuro dei giovani che vivono la cultura e la musica. C'è apertura nei conservatori, un tempo immaginare una ragazza proveniente da un sud del mondo che alle dieci di sera va a suonare una batteria in un club insieme agli uomini era un'utopia. Oggi invece vediamo una generazione di donne strumentiste, cantanti sempre più complete...».
La «linha de passe», linea di passaggio anche tra presente e futuro: cosa c'è nel suo futuro?
«Sicuramente "Core/Coração" vivrà una seconda vita, ci sono nuovi brani in preparazione, altri già tradotti. Poi continuo a girare con un bellissimo gruppo, This Woman's Work, sono tutti musicisti giovani bravissimi. È in preparazione per quest'estate un nuovo progetto, Mater, con Omar Sosa e Trilok Gurtu... Insomma, gli impegni non mancano, del resto nel jazz siamo un po' giocolieri, dobbiamo restare in allenamento».