MOLA DI BARI - I suoi primi due dischi sono stati prodotti da Pino Daniele, suo scopritore, dal quale il cantautore napoletano Joe Barbieri ha ereditato la capacità di mescolare la napoletanità con altri suoni e ritmi. Barbieri, infatti, ha saputo mettere la melodia dai tratti mediterranei al servizio del jazz, la world music e la musica brasiliana, mescolanza sonora che fanno di Barbieri l’espressione di un cantautorato colto e ispirato. Dopo la pubblicazione del suo sesto album di inediti Tratto da una storia vera risalente al 2021, a partire dal 19 sarà disponibile il nuovo album Vulío (desiderio), disco in cui omaggia la grande canzone napoletana dando una nuova veste a 16 classici e un inedito («Vulesse ‘O Cielo»). Il disco è realizzato in versione cameristica «per corde» in cui la voce e la chitarra di Barbieri si uniscono alle chitarre di Oscar Montalbano e Nico Di Battista. Prima dell’uscita dell’album, Barbieri inizierà il tour italiano che partirà, domenica 7 aprile alle 20.15, dal Teatro Van Westerhout di Mola di Bari, per un appuntamento speciale di Agìmus. Ospite della serata sarà il «nostro» Mario Rosini. Per la chiusura della prima fase del tour, il 17 maggio al Teatro Acacia di Napoli, sul palco anche Teresa De Sio, Enzo Gragnaniello, Raiz e lo scrittore Maurizio De Giovanni.
Barbieri, da dove nasce questo desiderio, «Vulío» appunto, di cimentarsi con la tradizione napoletana?
«Quando sei napoletano, convivi con queste meraviglie da quando sei nato: è una convivenza naturale, come un familiare. Ho atteso prima di realizzare un disco con i classici, perché mi sembrava di toccare l’intoccabile. A certo punto però, ho avuto la percezione di avere a che fare di qualcosa di talmente familiare che mi ha fatto allentare la distanza. Così ho realizzato il disco che è come la carezza sul volto di una persona che ti ha fatto sempre compagnia».
L’idea di riproporre i classici in chiave cameristica per corde com’è nata?
«Com’è noto questa dimensione non è distante, in particolare queste canzoni le ho sempre suonate per me, chitarra e voce. Quindi, il cuore delle composizioni sopravvive a qualsiasi sovrastruttura. In realtà meno ci aggiungi e più la struttura armonica, lo sviluppo melodico e il testo fioriscono. Poi, la compagnia di due giganti delle sei corde non hanno fatto altro che incorporare questa percezione».
Com’è avvenuta la scelta dei brani?
«Fare una scelta di 16 brani della canzone napoletana è impossibile. In questo disco, ad esempio, sono rimasti fuori compositori come Raffaele Viviani e Renato Carosone, è impossibile far rientrare secoli di storia della canzone napoletana. Tra l’altro, con un repertorio tentacolare che si snoda in mille rivoli e che ancora oggi cambia si rinnova con nuovi interpreti. Ho fatto la scelta di puro istinto senza filologia, mi sono spinto fino a una dozzina di anni fa a un brano di Enzo Avitabile, consapevole di lasciare fuori un mondo di meraviglie».