Da venerdì 1 marzo è disponibile su store e piattaforme di streaming «Original Terron», il nuovo singolo dei Tarantola ft. Sabaman che anticipa il nuovo album One Blood, in uscita il prossimo autunno. Il brano, pubblicato da The Sound of Everything, è distribuito da The Orchard.
Sonorità reggae dancehall ed un testo cantato in inglese e dialetto salentino celebrano quel legame indissolubile con la terra natale che accomuna chi, per ragioni diverse, è dovuto emigrare. Un’identità forte, quella meridionale, che si preserva anche a centinaia di km di distanza grazie a solide radici culturali e all’amore incondizionato per la propria terra. Mauro Lacandia, fondatore dei Tarantola, salentino doc naturalizzato londinese, e Sabaman, dj, mc e produttore, anche lui di origini salentine, si incontrano in alcune dancehall a Londra e decidono di lavorare a questo brano. «Original Terron» è il risultato di un’amicizia che affonda le sue radici in una tradizione culturale comune ed è la storia di due meridionali che con orgoglio, grinta e passione trovano il modo di affrontare le difficoltà e dimostrare la loro forza unendo i talenti.
In questi mesi i Tarantola stanno lavorando al prossimo album intitolato, One Blood, che sarà pubblicato il prossimo autunno e sarà anticipato da una serie di singoli e videoclip che ospiteranno una serie di ospiti nazionali e internazionali.
Come nasce l'idea e la collaborazione con Sabaman?
«“Original Terron” nasce in maniera inaspettata: dopo aver scoperto, grazie alla mia cara amica, Diletta dell’Associazione One Love Italia, una community Reggae-Dancehall di italiani a Londra chiamata Unity Radio. Ed è li che incontro Stefano Russo/Sabaman ma anche Manlio Calafrocampano, Miss Fritty e molti altri artisti della scena reggae italiana. Non sapevo che anche Stefano fosse salentino e che anche a lui piacesse la mia stessa musica. Durante una serata vedo Stefano salire sul palco e improvvisare rime in dialetto salentino velocissime, e dopo di lui Manlio Calafrocampano che sfoggia la sua musica che mi colpisce e mi affascina. In quel momento capisco di aver incontrato delle persone che mi erano mancate, vivendo nella capitale inglese, persone che lottano per diffondere un messaggio e per unire la gente. Quella sera mi sono sentito felice è stata una bellissima sorpresa e un momento unico molto importante di cambiamento positivo per la mia vita. Infatti, dopo 12 anni a Londra, non avevo mai incontrato così tante persone con i miei stessi gusti musicali e con valori di vita assolutamente allineati. Questa esperienza mi ha ispirato fin da subito: la mattina dopo sveglia presto, come al solito, per lavorare alla mia musica nel mio piccolo studio chiamato Tarantolab. Avevo già pensato di mettere insieme elementi “salentini” e “meridionali” con il reggae e la dancehall. Scrivo a Stefano e gli chiedo se ci possiamo incontrare e dopo un paio di ore eravamo già in studio a scrivere parole e melodie. Ci siamo resi subito conto di quanto le nostre esperienze erano simili, entrambi abbiamo lavorato sodo per raggiungere i nostri obbiettivi e entrambi vogliamo diffondere la cultura salentina e farla conoscere alle persone che hanno origini diverse dalle nostre. Il mese successivo, cantiamo il brano per la prima volta di fronte ad un pubblico che ha reagito estremamente bene. La cosa che mi stupisce sempre tantissimo è vedere gente di nazionalità diverse provare a cantare la nostra lingua, il nostro dialetto. In quel momento abbiamo capito che “Original Terron” non era solo una canzone di orgoglio meridionale ma anche un invito per gli immigrati a Londra ad unirsi».
Nei tuoi testi racconti infatti spesso le difficoltà di chi ha dovuto lasciare la terra natìa: come vivi la distanza e come secondo te la musica può aiutare a mantenere stretto il rapporto con le proprie radici?
«Sto costruendo una carriera che mi rende orgoglioso qui a Londra, ho calcato palchi molto importanti, scritto centinaia di canzoni con artisti internazionali, prodotto per vari artisti e insegno songwriting, produzione musicale e performance all’Institute Of Contemporary Music Performance, un’importante Università di musica contemporanea a Londra. Sono tutte opportunità favolose per le quali ho dovuto lavorare sodo ma che avrei tanto voluto avere in Italia. Ci sono davvero possibilità reali di crescita qui ma è anche un mondo lavorativo alienante che purtroppo non lascia spazio ai nostri ritmi del Sud. Dal primo giorno a Londra, tra gioie e malinconia, ho sempre pensato al Sud come la mia sola casa, il mio sogno al contrario: tornare a casa e fare tutto ciò che faccio qui. Ci penso molto e sono sicuro che riuscirò a farlo, prima o poi. Magari uno studio di registrazione importante e scuola di musica di fronte al mare è un’alternativa che mi alletta molto. Qui a Londra, le difficoltà sono state tante, soprattutto, per noi immigrati che siamo partiti con niente: senza spintarelle, aiuti o grandi possibilità economiche. Le avventure e le disavventure sono state tantissime e se penso a quante cose ho affrontato mi sento orgoglioso ma anche emozionato. Non e’ stato mai facile. La verità è che non siamo mai davvero considerati alla pari, perchè non siamo inglesi, e nelle cose pratiche e quotidiane questo fa la differenza. Allo stesso tempo, sentirsi “diverso” ha i suoi vantaggi; quindi non mi sento vittima. Londra è molto simile all’Italia in questo: non deve essere molto semplice per le persone che arrivano da altri paesi sentirsi alla pari degli italiani e dopo aver ascoltato molte storie, di amici e studenti che hanno vissuto in Italia, ti rendi conto che davvero “tutto il mondo è paese” e che anche noi italiani dobbiamo imparare ad accogliere gli immigrati con rispetto. La musica, la condivisione, il dialetto sono quelle gioie assolute che ti fanno sentire a casa. Non è una cosa studiata a tavolino, come mi e’ stato detto in qualche commento su instagram, ma un bisogno interno molto forte, che ho sempre avuto, così come la promessa fatta a mia nonna che “l’omu di mari, mori a mari”, come mi diceva lei molte volte prima di ripartire».
In cosa ti senti «terrone» e secondo te questa accezione è così tanto 'sentita' all'estero, come in Italia?
«Quando sei al Sud non sai cosa ti rende terrone e cosa la gente di fuori pensa di te. È un termine che non usiamo tra di noi ma che ci è stato dato. Ho iniziato a capire davvero a cosa la gente si riferisse con il termine “terrone”quando mi sono trasferito a Bologna nel 2012 per i miei primi studi musicali. Non è stato facile, soprattutto all’inizio, questa parola veniva usata in senso dispregiativo contro di me. Una volta trasferito a Londra ho visto, invece, come la parola Terrone viene vissuta come una sorta di legame tra la gente delle varie regioni del Sud, questo ci fa sentire un po’ più forti ed uniti. Almeno, io la vivo così. Alcune volte quel termine è stato usato in maniera dispregiativa e a volte sono stato zitto altre ho affrontato l’argomento in maniera seria con spalle belle forti per difendermi su questo argomento. Mi sento terrone nel modo di sorridere agli sconosciuti, nel modo di interagire, forse un po’ troppo veloce e esuberante per l’inglese comune, ma sono spesso queste caratteristiche che fanno aprire anche l’inglese più riservato e introverso. Dopo un po’ anche loro si sentono più liberi, sentono che man mano sparisce quella pressione sociale dell’essere preciso e composto e diventano un po’ più veri. Poi, ci sono le solite cose: l’amore per il mare, la natura, i sapori, la famiglia, gli amici e le tradizioni. E’ quello che sono io, gli italiani difficilmente riescono a dimenticare queste cose».
Questo singolo dà il via a un nuovo album, ci dai qualche anticipazione?
«“Original Terron” è il primo di una serie di singoli che vedranno la luce in questi mesi e che sveleranno, poco alla volta, quello che sarà One Blood, il nuovo lavoro. Un album in cui ho voluto sperimentare e scoprire diverse sonorità reggae, dancehall, dub, roots e anche modern reggae. Lo stile di songwriting è quello che caratterizza da sempre i Tarantola: ogni canzone ha come obbiettivo principale quello di unire le persone. Ci saranno varie collaborazioni che non posso ancora svelare. Il nuovo album dei Tarantola lo definisco eclettico in quanto esplora suoni e forme diverse della Musica Reggae; sarà una raccolta di brani che celebrano la diversità culturali, l'unità e la connessione tra le persone e si pregia della partecipazione di artisti emergenti internazionali e numerosi musicisti di talento a livello mondiale. "One blood" è un invito a rimanere uniti senza mai perdere la scintilla e il fuoco che ci tiene vivi e connessi! solo riconoscendo nell’altro somiglianze con noi stessi possiamo diminuire il desiderio di farci la guerra. Attraverso la fusione di stili e culture differenti, l'album cerca di condurre le persone in un viaggio musicale che promuove l'unità, celebra la diversità e mostra la bellezza dello scambio culturale».
Dopo tutta questa esperienza di palco che avete, secondo te dal post-pandemia com'è cambiato il modo di vivere la musica live, per voi artisti e per chi vi ascolta?
«Purtroppo la pandemia ha portato al fatto che anche oggi eventi e concerti non sono più pieni di gente come prima del Covid. Il costo della vita è aumentato, come il costo dei biglietti dei concerti, e moltissimi locali sono stati costretti a chiudere e questo ha avuto un impatto diretto sulla musica indipendente. Diciamo che gli artisti hanno capito che si può vivere di musica in diversi modi e non solo con la musica live. Noi, nello specifico, abbiamo rallentato un poco il numero dei nostri live e siamo diventati un pelino più selettivi. Ci sono molte agenzie che speculano sull’artista e noi vogliamo evitare assolutamente scenari del genere; preferiamo suonare nei posti giusti, al momento giusto, con la gente giusta, offrendo il prezzo giusto. Sicuramente, viaggiare da una nazione e l’altra è diventato quasi impossibile dopo la Brexit ma noi cercheremo sempre di tornare a suonare a casa. Ci stiamo lavorando proprio in questo periodo».
Questo 2024 è iniziato da poco: cosa ti auguri per i prossimi mesi?
«Spero di raggiungere più gente possibile attraverso l’album, spero di suonare su bei palchi con la mia nuova formazione. Spero anche di scrivere tante nuove canzoni, sempre più belle. Spero di collaborare con più artisti, di crescere come cantautore e produttore. Inoltre spero sia l’occasione giusta per creare ufficialmente la mia casa discografica Tarantolab per produrre e scrivere ancora più brani con artisti interessanti della scena Reggae, Soul and Hip Hop».