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Orchestra metropolitana: i Traetta «riscoperti» a Bari

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

Orchestra metropolitana: i Traetta «riscoperti» a Bari

Il compositore bitontino Tommaso Traetta (1727–1779)

In scena e su cd le opere dei compositori bitontini dell’800

Martedì 15 Marzo 2022, 15:13

BARI - I compositori pugliesi del passato hanno dato un contributo significativo alla cosiddetta Scuola napoletana raccogliendo allori in tutta Europa e, se sono ben note le vicende biografiche del barese Niccolò Piccinni (1728 – 1800), che operò a lungo a Parigi, alla corte della regina Maria Antonietta, non meno brillante fu la carriera del bitontino Tommaso Traetta (1727 – 1779), compositore decisamente «moderno» per i suoi tempi – viene considerato un anticipatore della riforma di Gluck - attivo nelle principali capitali dell’epoca, da Londra a Parigi e Vienna e persino alla corte di Caterina II di Russia.

Ancora più intensa fu poi la carriera del tarantino Giovanni Paisiello (1740 – 1816) che non solo lavorò anch’egli alla corte di Caterina II di Russia, ma fu fortemente voluto a Parigi da Napoleone Bonaparte in persona, suo grande estimatore.
Come se non bastasse, il grandissimo successo riscosso dalla sua opera «Il Barbiere di Siviglia», indusse Mozart ad avvicinarsi alla trilogia letteraria di Beaumarchais e a sollecitare Lorenzo Da Ponte a ricavarne il libretto per le «Nozze di Figaro». E sebbene per questioni generazionali non possa appartenere alla Scuola napoletana, per il suo legame con Napoli, dove fu per trent’anni direttore del Conservatorio, merita di essere citato anche l’altamurano Saverio Mercadante (1785 – 1870), compositore di valore, peraltro particolarmente caro al maestro Riccardo Muti. Da pochi mesi nuovo direttore artistico dell’Orchestra sinfonica della Città metropolitana di Bari, il direttore d’orchestra bitontino Vito Clemente ha scelto di aprire ogni programma musicale con pagine di compositori pugliesi sia contemporanei, sia del passato, una decisione – in quest’ultimo caso - meritoria che vuol tenere viva la memoria e il legame con nomi che diversamente, al di fuori della cerchia specialistica, finirebbero per richiamare alla memoria edifici pubblici, magari delle strade o dei monumenti, ma nulla più.

In questa opera di diffusione e recupero, rientra anche il cd «Tommaso e Filippo Traetta» inciso da Clemente con la Sinfonica barese per i tipi dell’etichetta molfettese Digressione Music di don Gino Samarelli e in collaborazione con il Traetta Opera Festival di Bitonto. Come ben sanno i discografi più incalliti, le registrazioni traettiane sono abbastanza rare, ma in questo caso ad accrescere l’interesse non sono solo le Sinfonie d’opera di Tommaso Traetta, da «Antigona» al «Cavaliere errante», bensì alcune pagine di suo figlio Filippo (1777 – 1854), come le ouverture da «The Daughter of Zion» e «Jerusalem in Affliction».
Il motivo dei titoli in inglese è presto detto: allievo per la composizione di Niccolò Piccinni, Filippo Traetta ebbe una gioventù particolarmente movimentata a causa dei suoi ideali politici. Seguace degli intellettuali massoni napoletani, prese infatti parte attiva ai moti rivoluzionari di Napoli del 1799 componendo un gran numero di inni patriottici. Per questa sua attività, nel 1800 fu quindi costretto a riparare in America per sfuggire al patibolo, ma non si perse d’animo ed anzi, fu proprio nel Nuovo Mondo – dove viene ricordato come Phil Trajetta - che, oltre a comporre la maggior parte delle proprie opere, cominciò a svolgere un’intensa attività di didatta e di animatore della vita musicale. È solo il caso di ricordare che si deve a lui, nel 1801, la nascita del Conservatorio di Boston e, nel 1838, di quello di Philadelphia. Il suo «Jerusalem in Affliction» è il primo oratorio mai composto in America. Ed è, quello italiano alla vita musicale americana dell’Ottocento, un contributo che attende ancora di essere adeguatamente rivalutato. Per dirne una, il trevigiano Lorenzo Da Ponte (1749 – 1838), librettista delle opere «italiane» di Mozart, trascorse l’ultimo periodo della propria vita tra New York e Philadelphia dove, oltre a diventare il primo docente di letteratura italiana della futura Columbia University, operò anche come impresario lirico. A lui si deve – in quest’ultima veste – il debutto americano di molte opere italiane, comprese quelle del barese Piccinni.

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