«Tratto da una storia vera», la vita e gli incontri di Joe Barbieri nel suo disco più autobiografico
NEWS DALLA SEZIONE
i più visti della sezione
NEWS DALLE PROVINCE
i più letti
Nuove uscite
Ugo Sbisà
25 Febbraio 2021
People Need People: non avrebbero potuto scegliere un titolo più appropriato i baresi Nicola Conte e Gianluca Petrella per questo loro album che esce in un momento nel quale tutti avvertiamo come vitale la necessità di recuperare la «connessione» col prossimo per sfuggire almeno alle quarantene dell’anima. L’album, da domani in uscita, vede i due musicisti baresi impegnati in una serie di combinazioni musicali che includono nelle varie tracce musicisti residenti in buona parte del Globo, da Raashan Ahmad (USA), a Nududuzo Makatini (Sudafrica), Magnus Lindgren (Svezia), Debo Ray (USA), Bridgette Amofah (Ghana/Inghilterra), Abdissa Assefa (Ethiopia/Finlandia), Teppo Makynen (Finlandia), insieme agli italiani Davide Shorty, la salentina Carolina Bubbico e ancora Tommaso Cappellato, Seby Burgio, Marco Rubegni, Pasquale Calò, e ai già noti Pasquale Mirra e Simone Padovani. Ma soprattutto propone una gustosa miscela di afro-beat e spiritual jazz nel cui Dna non è difficile cogliere riferimenti a storiche incisioni del passato.
«In questo momento difficile – spiega Conte - nel quale molte cose ci vengono negate, abbiamo voluto realizzare un disco che fosse capace di esprimere il desiderio di comunicare che tutti quanti stiamo vivendo. In un certo senso, il nostro è un approccio di taglio filosofico, perché non è detto che la musica, per essere impegnata, debba manifestarsi solo nella complessità. Compito degli artisti è saper esprimere il sentire di parte della società e così abbiamo deciso di assumere una posizione alternativa a quel comune pensare che relega le espressioni culturali a un semplice accessorio ludico o a vernissage intellettuali. Ci piacerebbe contribuire a indicare la strada di un nuovo Umanesimo».
Conte, parliamo dei linguaggi adoperati. Come sempre c’è uno sguardo ampio sulla Black Music.
«Con Gianluca abbiamo scelto di lavorare su una musica “pura” di stampo tribale, con un imprinting africano molto evidente, ma al contempo filtrato dalla nostra sensibilità di artisti mediterranei. A beneficio dei puristi vorrei anche aggiungere che non stiamo parlando di un disco di jazz, sebbene il jazz abbia un ruolo fondamentale, di coagulo fra tutti gli elementi impiegati. Come del resto anche nelle mie precedenti registrazioni».
Ci spieghi meglio questa sua idea di mediterraneità.
«Credo che noi artisti del Sud abbiamo una nostra autonomia culturale che ci conferisce una visione senza barriere, ci fa esprimere un’unità di linguaggi in un’epoca che invece è caratterizzata dalle divisioni. Al tempo stesso però siamo in grado di smarcarci dalle influenze per rivendicare le nostre radici».
Come è stato realizzato il disco e cosa può dirci del suo rapporto con Petrella? «Il disco ha una parte “elettronica” e un’altra più squisitamente musicale. Del resto molti contributi sono stati realizzati in mezzo mondo, dall’Europa all’America e poi li abbiamo assemblati noi. Con Gianluca non è un ritorno, né un ospite perché sin da Spiritual Galaxy abbiamo continuato a condividere musica e idee, pur avendo ognuno la propria vita artistica. Il nostro rapporto è paritario».
È un momento difficile per una nuova uscita discografica. Come la promuoverete?
«Non potendo fare affidamento sulla musica dal vivo, ricorreremo ad altri canali, innanzitutto video, ma con delle formule poco convenzionali. Ci stiamo ispirando a quella stagione dell’arte contemporanea italiana nella quale personaggi come Bene, Pascali, Schifano, agivano trasversalmente portando i propri linguaggi anche sullo schermo. In un’epoca di grande autoreferenzialità, penso sia più giusto cercare l’ispirazione in un passato che ha visto l’arte cogliere l’esigenza di cambiamento di quella parte di società più aperta mentalmente».
Ha toccato il tasto nevralgico della musica dal vivo: qual è la sua opinione? «Ciò che accade nei weekend delle zone gialle è sotto gli occhi di tutti e a maggior ragione per questo mi domando cosa impedisca di far ripartire la musica dal vivo, i concerti, considerato che, sia al chiuso, sia all’aperto, ci sono regole più chiare e più facili da far rispettare. Non è come accalcarsi nelle vie dello shopping o all’ora dell’aperitivo».
LE RUBRICHE
Lascia il tuo commento
Condividi le tue opinioni su