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Altamura, il film che fece scandalo svelò senza pudore «L’Italia in pigiama»

Altamura, il film che fece scandalo svelò senza pudore «L’Italia in pigiama»

 
onofrio bruno

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onofrio bruno

Prodotto dall’industriale Niccolò De Nora, fu diretto dal milanese Guido Guerrasio

Giovedì 16 Luglio 2020, 10:41

ALTAMURA - Parlarono «altamurano» gli scandali degli anni ‘70 per il film «L’Italia in pigiama», censurato, poi clandestino, infine uscito nelle sale cinematografiche nel 1977.

Una pellicola dall’eloquente sottotitolo («Costumi sessuali nelle tribù italiane»), appartenente al filone dei cosiddetti «mondo movie» in cui il precursore fu «Mondo cane» del 1963. Lungometraggi che avevano una pretesa documentaristica ma in realtà volevano sorprendere. Rompevano gli schemi, superavano i tabù e mettevano alla luce del sole contenuti scabrosi, legati soprattutto alla sessualità.

A produrlo fu un industriale milanese di origini altamurane, Niccolò De Nora, un cognome illustre per la città di Altamura. La regia fu affidata a Guido Guerrasio, cineasta milanese già esperto nel filone e reduce da analoghi film sulle abitudini sessuali in Africa come «Africa ama».

Nelle schede di accompagnamento il film viene a volte indicato come documentario, altre come commedia. Il nome più noto è quello di Tano Cimarosa che recitò proprio ad Altamura, nella parte di un padre padrone, e compare a bordo di una dune buggy vicino alla Villa grande. Altri nomi in ordine sparso quelli di Paola Corazzi, Ezio Sancrotti, Enzo Fisichella, Walter Valdi (compianto cantautore e cabarettista della scuola milanese), Caterina Barbero, Renato Paracchi, Livia Cerini, Pietro Brambilla, Milly Corinaldi, Mario Cutini, Maurizio Esposito, Armando Celso, con un cameo di Mino Reitano nella parte di se stesso.

Molte le comparse scelte in città. Tra loro, nella parte di un farmacista, è riconoscibile un medico molto apprezzato ad Altamura, Franco Popolizio, oggi 87enne, che è conosciuto anche per le sue poesie. Numerosi, inoltre, i giovani coinvolti.
Buona parte dei ciak è stata battuta proprio nella città murgiana che diventa l’emblema del Sud contro il Nord, con i meridionali ritratti come meno emancipati ma con perversioni alla pari di quelle dei settentrionali.

Il film è un insieme di episodi in cui si passano in rassegna i comportamenti legati al sesso: adulterio, incesto, matrimonio e, prima volta nel profondo Sud, libertinaggio, prostituzione, sesso di gruppo, scambi di coppia.

Non c’è una vera e propria trama, ci sono varie microstorie in cui il Sud sorrideva del Nord e il Nord del Sud. Questo fu l’intento di Guerrasio che accettò la regia per liberarsi dall’etichetta di essere un autore specializzato in usanze africane.
«L’Italia in pigiama» non è classificato come film erotico. La notevole presenza di nudi, di seni al vento e «lati B» mostrati in situazioni domestiche, in feste organizzate per il sesso di gruppo, sulla spiaggia dei naturisti, è funzionale alle storie che si vogliono «documentare».

Il nudo compare anche al teatro Mercadante dove fu ambientata la scena di una manifestazione di protesta femminista con un gruppo di donne a seno scoperto contro le quali gli spettatori lanciavano preservativi. Qui molte comparse furono altamurane.
Tra loro Felice Basile. «All’epoca - ricorda - per qualche giorno di partecipazione prendemmo 130.000-140.000 lire. Erano una bella somma per quei tempi, per me e altri ragazzi della mia età. Fu un film dirompente e finì sotto la mannaia della censura.

Venne sospeso per mesi. C’era un contrasto molto forte. Parlava dei vizi e delle trasgressioni delle persone, rompeva quel perbenismo dominante e rendeva visibili abitudini e costumi che erano nascosti. In realtà anticipò la realtà, rappresentata dall’avvento del porno e dalla trasformazione del sesso in un’industria», osserva Basile a 43 anni di distanza.

Come emblema del Sud, ad Altamura fu girata pure la prova della virilità nella scena di due giovani sposi. Un lenzuolo sporco di sangue venne esposto nella piazzetta dei Martiri, nel centro storico, come prova della illibatezza della donna e del «dovere» compiuto dal marito. Una consuetudine ancestrale che stava a dimostrare la condizione della subalternità femminile, soprattutto da Napoli in giù, mentre nelle scene del Nord Italia i richiami al sesso sono più ostentati e le donne pretendono la loro attenzione.

«In quel periodo - dice ancora Basile - si parlò molto ad Altamura di questa produzione, perché il produttore fu De Nora, figlio di Oronzio De Nora, un uomo e un genio che ha fatto tanto per il progresso dell’umanità».

Niccolò De Nora era figlio di Oronzio Denora (1899-1995), ingegnere elettrotecnico e genio delle applicazioni della chimica nell’industria. Mise il suo grande intuito a fondamento della storia di industriale con le applicazioni del cloro. Celebre è l’invenzione dell’amuchina, nome dato da De Nora al brevetto di un disinfettante con ipoclorito di sodio diluito in acqua. Se sia vera storia o leggenda, si racconta che fu lo stesso giovane inventore a testarne l’efficacia, quando si ferì fortuitamente a una mano proprio mentre faceva delle prove. Fu l’inizio di una grande storia d’impresa. Nel 1924 a Milano, dove studiò e brillantemente si laureò, fondò la sua ditta lanciandosi in un mondo in cui fu pioniere: la realizzazione di impianti per la produzione di cloro e soda caustica.

Le redini del gruppo chimico industriale, diventato nel tempo una multinazionale, furono poi prese dal figlio Niccolò e oggi tenute dai nipoti Federico e Michele.

Niccolò De Nora aveva la passione del cinema. Produsse due film con la Soat di Milano. L’altro è «La Bidonata» con Walter Chiari, in parte girato pure ad Altamura.

«L’Italia in pigiama» non ebbe grande successo commerciale. Ma soprattutto ebbe varie vicissitudini. Un giudice dell’Aquila lo bloccò per mesi ritenendolo sconcio e triviale. Tornò in circolazione con vari tagli. Scene che poi furono ripristinate. Tra queste ce n’è una particolare, il cambio di sesso da uomo a donna. La scena viene anticipata da una scritta in cui viene sconsigliata la visione al pubblico sensibile.

E in effetti sono immagini che possono impressionare il pubblico. Avvenne all’epoca, quando circolò in versione integrale quasi in clandestinità. Ed è accaduto pure con le due retrospettive in cui «L’Italia in pigiama» è stato riproposto. Nel 2014 dalla Pro Loco in piazza Duomo (serata in cui è stata presente l’attrice barese Nietta Tempesta, una delle interpreti del film). Circa dieci anni prima un’iniziativa fu organizzata dall’associazione «Cinetoscopio» di Ermanno Porcelli, Lauro Diomede e Chiara Calia. «Proiettammo il film per due giorni al cinema Grande - dice - e ci fu il pienone. Per quella scena dell’intervento chirurgico una persona si sentì male».

Un’altra sequenza dura è la punizione di un’adultera che, nelle campagne, viene lasciata tra i maiali. Ovviamente era un manichino e lo si nota.

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