E ora la Biblioteca «De Leo» spegne le sue prime 224 candeline. Frutto amorevole del grande gesto di un mecenate, mons. Annibale De Leo, che nell'ottobre del 1798 credendo fortemente nel valore della cultura, fondò la prima biblioteca pubblica di Terra d'Otranto.
Da allora le sue porte sono rimaste chiuse solo dall'8 marzo al 24 maggio 2020 a causa dell'epidemia del SARS COVID19.
In essa confluirono i volumi, circa 6.000, della raccolta privata dell'arcivescovo arricchita dall’acquisto, forse effettuato nel 1798, di parte di quella del cardinale Giuseppe Renato Imperiali (1651-1737), membro della Sacra Congregazione dell'Indice, e proprio per tal ragione la biblioteca conserva anche 53 «libri proibiti». La lettura è un fuoco che nasce dentro ogni individuo, ma Annibale De Leo sapeva bene che le passioni vanno coltivate e sorrette così garantì un sostentamento alla biblioteca sottoscrivendo un legato ai beni propri per assicurarne un regolare funzionamento. Nel testamento prescrisse che essa fosse, infatti, d’uso pubblico, collocata nei locali a piano terra del palazzo del Seminario Arcivescovile di Brindisi e amministrata dagli arcivescovi pro-tempore nonché dalle quattro dignità del capitolo della Basilica cattedrale.
Fu egli stesso a designarne il primo bibliotecario nella persona di Giovan Battista Lezzi (1754-1832), collaboratore nel 1784 delle «Novelle letterarie» di Firenze e nel 1798 del «Giornale Letterario di Napoli». Di eccezionale rilevanza la figura del suo successore, Giovanni Tarantini (1805-1889) collaboratore del Mommsen che di lui tracciò un pubblico elogio nel nono volume del Corpus inscriptionum latinarum. Era in questo periodo, nel 1882, che Gregorovius definiva la de Leo come «la più copiosa di tutte [le biblioteche] salentine».
Il fondo manoscritti comprende 400 volumi la cui importanza non è limitata a particolari epoche o ambienti circoscritti. Interessano il Meridione e il Settentrione d'Italia, la storia del sacro romano impero e la storia della chiesa, le scienze fisiche e l'astronomia, la letteratura latina, greca, italiana e vernacola, il diritto, la filosofia, la geologia, l'agricoltura, l'araldica, la storia dell'arte. Importante è questo fondo perché ad esso hanno attinto in varie epoche diversi studiosi anche stranieri, celebri come il Kehr, il Lenormant e il Gregorovius.
Oggi il patrimonio della biblioteca arriva a 157.000 libri, quasi tutti catalogati nella banca dati nazionale (https://opac.sbn.it), e 17 incunaboli, tra i quali il libro di maggior pregio secondo Dennis E. Rhodes, direttore della British Library di Londra, alla cui ricchissima raccolta mancano quattro dei testi conservati a Brindisi, è il «Confessionale Defecerunt», di Sant’Antonino arcivescovo di Firenze, stampato in Italia, in un luogo e in una tipografia non precisati, nel 1472 di cui si conoscono solo altri 15 esemplari. Le edizioni del XVI secolo, con circa 370 unità, comprendono studi antiquari e filologici con opere di Carlo Sigonio, Guillaume du Choul, Huber Goltz, i Manuzio, Nicolò Perotti, di autori locali come Antonio Galateo, Giovanni Giovine, Girolamo d’Ippolito, Antonio Marinario, Antonio Monetta e Luca Antonio Resta; il diritto e l’amministrazione dello Stato con scritti di Francesco Mantica, Andrea de Ysernia, Bartolomeo da Capua e Pierre Rebuffe; i classici italiani, latini e greci.
Vito Bozzi, Soprintendente bibliografico per la Puglia negli anni Settanta, ha evidenziato l’importanza delle cinquecentine di contenuto geografico, mentre il Rodhes ha segnalato come dell’edizione italiana della «Syntaxis linguae grecae» di Jean Varen, sia qui conservato l’unico esemplare insieme ai più antichi materiali tipografici brindisini ossia i primi libri stampati in Brindisi nel corso del XVII secolo: da Lorenzo Valeri nel 1627 e da Tommaso Mazzei nel 1699 e 1700.
Ricca la presenza di legature di pregio: 9 risalgono ai secoli XV-XVI, 25 al secolo XVII, 58 al secolo XVIII, 17 del secolo XIX. Come ha rilevato Piccarda Quilici, le legature dell’Ottocento sono quasi esclusivamente italiane, il che sta a significare che gli acquisti, rivolti spesso in campo europeo dal de Leo, si sono poi orientati essenzialmente al mercato nazionale e più propriamente centromeridionale. Non mancano due medine, cosiddette perché provenienti dalla biblioteca del duca di Medina de Las Torres, viceré di Napoli (1637-1644). Tutto ciò sta a significare che a Brindisi confluirono opere dall’Europa intera, italiane, tedesche, olandesi, francesi, inglesi; a queste si sono aggiunti nel tempo gli acquisti effettuati dai bibliotecari, i lasciti di privati, cospicui quelli del matematico Raffaele Rubini e del numismatico Giuseppe Nervegna.
Nella seconda metà del secolo scorso, poi, la biblioteca ha conosciuto numerose donazioni. Ma se ne parlerà in altra occasione.