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La carezza di Pertini e le ceneri di Gramsci

 
Liborio Conca

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La carezza di Pertini e le ceneri di Gramsci

Da presidente della Repubblica Pertini tornò a Turi, sul finire degli anni Settanta. Volle visitare la cella e scelse di farlo da solo

Mercoledì 28 Giugno 2023, 07:41

Qualche anno fa, di ritorno da un piccolo Festival nella Valle d’Itria, decisi di fare una deviazione sulla strada per tornare a casa. Era una mattina d’estate, estate piena, quando il sole batte sui muretti a secco e sugli ulivi immortalando la campagna e tutto il paesaggio in una risoluzione che nessun visore HD di infinitesima generazione potrà mai restituire.

Anche a Turi, la mia deviazione, il sole batteva forte; oltretutto era primo pomeriggio – la cara vecchia controra, dilatata dalla canicola estiva e dalla fuga verso le spiagge che aveva svuotato ancora di più il paese.
La mia destinazione era il carcere. Volevo finalmente vederlo, quel carcere dove Antonio Gramsci visse da recluso tra il 1928 e il 1933. Afflitto da condizioni di salute assai precarie, ottenne il permesso di scrivere e qui presero il via gli scritti che vennero raccolti postumi nei Quaderni e nelle Lettere dal carcere. Come tanti, li ho letti e pure riletti, ritrovando dentro tutta l’enormità di quel cervello al quale bisognava impedire di funzionare, come stabilito dalle autorità fasciste. Carissima mamma, carissima Tatiana, cara Iulca, carissimo Delio.

Nella luce di agosto le mura del palazzone che ospita ancora oggi il carcere risaltavano nell’aria immobile. Fu costruito a metà dell’Ottocento per essere un convento di Clarisse, ma le suore non ci entrarono mai e dopo l’Unità d’Italia passò allo Stato, che ne fece una prigione. L’edificio sorge proprio di fronte a una di quelle tipiche ville comunali che arredano le nostre città. Pare che la cella dove visse Gramsci sia stata lasciata così com’era. E che sia stata utilizzata come tutte, ospitando chissà quali altre storie. Nel 1931 era arrivato a Turi anche Sandro Pertini. Subito riconobbe Gramsci, nel suo «corpo da pigmeo con una bella testa alla Danton». «Mi scusi, lei è l’onorevole Antonio Gramsci, vero?», fece Pertini, al che l’altro: «Che fai, mi dai del lei? Non sei un antifascista anche tu?». Fu Pertini a ricordare il loro incontro a Turi, tra le mura del carcere, così come raccontò la facilità che li portò a superare, almeno tra di loro, le divisioni politiche tra comunisti e socialisti, questi ultimi accusati dai primi di social-fascismo; divisioni che erano visibili persino nella vita da reclusi.

Da presidente della Repubblica Pertini tornò a Turi, sul finire degli anni Settanta. Volle visitare la cella e scelse di farlo in solitudine. L’addetto stampa, Antonio Ghirelli, riferì che riuscì a spiare la scena del capo dello Stato che accarezzava il letto che fu di Gramsci. Pensavo a tutto questo mentre fissavo il palazzone immerso nell’arsura, le finestre che ricordano in effetti quelle di un convento. Gramsci lasciò Turi nel 1933, detenuto in due cliniche, prima a Formia e poi a Roma. Stava ottenendo la fine delle misure detentive quando il 25 aprile del 1937 venne colpito dall’emorragia che pochi giorni dopo lo portò alla morte.

Anche nel cimitero acattolico, nel quartiere romano di Testaccio, dove c’è la tomba di Gramsci, domina il bianco. A partire da quello della Piramide di Caio Cestio, alla cui ombra si diffondono i monumenti funebri di poeti, storici, architetti, giornaliste, attrici, filosofi. E lì tra i vialetti e i gatti che si muovono tra l’erba e la pietra qualcuno lo trovi sempre, che indugia, che guarda, che pensa, che scatta foto all’urna con le CineraAntoniiGramscii. Rileggendo i versi di Pier Paolo Pasolini: «Uno straccetto rosso, come quello / arrotolato al collo ai partigiani / e, presso l’urna, sul terreno cereo, / diversamente rossi, due gerani. / Lì tu stai, bandito e con dura eleganza / non cattolica, elencato tra estranei / morti: Le ceneri di Gramsci... Tra / speranza / e vecchia sfiducia, ti accosto, capitato / per caso in questa magra serra, innanzi / alla tua tomba, al tuo spirito restato / quaggiù tra questi liberi».

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Liborio Conca

Roma, Sud

Biografia:

La Puglia è uno stato d'animo. La si ritrova ovunque anche nella Capitale: ed ecco che tra ulivi sempiterni e luoghi del cuore si possono scovare angoli pugliesi anche a Roma.

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