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A Napoli i top gun della portaerei «Bush» dopo le operazioni in Adriatico e Jonio

 
Armando Fizzarotti

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Armando Fizzarotti

Nei giorni scorsi le esercitazioni con i jet della «Cavour» e della «De Gaulle»

Martedì 29 Novembre 2022, 13:25

NAPOLI -  Dopo quasi quattro mesi di operazioni aeronavali nel mare Adriatico, fra la Puglia e la Croazia, e nello Jonio, a ridosso del Canale d’Otranto, i top gun «pirati» con la loro bandiera in cui campeggia un teschio con le tibie incrociate sbarcano a Napoli. Con l’emblema di Barbanera (1680 – 1718) disegnato sui timoni dei loro F-18 Hornet, i «Jolly Rogers» sono forse lo squadrone d’attacco più famoso a livello iconografico della Marina militare statunitense e fanno parte del «quintetto» di Gruppi di volo della “G. Bush” (Cvn77), portaerei nucleare della classe “Nimitz”, che dalla scorsa estate ha compiuto operazioni aeree di pattugliamento dell’Est Europa, soprattutto sui cieli della Romania, ed esercitazioni congiunte con le forze aeronavali italiane e francesi, nel quadro delle operazioni avviate dalla Nato all’indomani dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe.

Negli ultimi giorni prima di arrivare nel Golfo di Napoli, nel mare Jonio (fra Grecia e Capo d’Otranto) manovre con i cacciabombardieri “Harrier” della portaerei italiana “Cavour”, salpata da Taranto, e “Rafale” della portaerei francese “De Gaulle”. Esercitazione alla quale ha partecipato, a bordo della portaerei statunitense, l’ammiraglio Vincenzo Montanaro, comandante della Seconda Divisione della Marina militare italiana.

Quindi, sabato scorso il transito dello Stretto di Messina, con l’ausilio sul ponte di comando della “Bush” del Capitano Cosimo Andria, ufficiale della Fregata “Carabiniere” della Marina italiana, unità di base a Taranto e che il 4 novembre scorso era ancorata nei pressi del lungomare di Bari in occasione della visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per la festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate. Segno ulteriore della stretta cooperazione fra le forze armate dell’Alleanza atlantica, che vede nel gruppo da combattimento della portaerei statunitense anche unità navali italiane.

Dal punto di vista operativo, la “Bush” ha inoltre garantito con i suoi elicotteri MH-60 il pattugliamento marittimo dei mari Adriatico e Jonio alla ricerca di eventuali sommergibili non appartenenti alle forze dell’Alleanza atlantica. Una sorveglianza necessaria, a tutela delle condotte sottomarine, necessità già rilevata in una recente relazione alle Commissioni Difesa dall’ammiraglio Enrico Credendino, capo di stato maggiore della Marina militare italiana. L’esplosione del gasdotto NordStream nel Mar Baltico (a settembre scorso) ne è una prova.

La “George Bush”, intitolata al 41° presidente degli Stati Uniti ed ex capo della Cia, è quindi l’unità più grande, la “vedette”, di un dispositivo di sorveglianza e difesa che va dai mari del Nord al Mediterraneo orientale.

Alle operazioni dell’Alleanza Atlantica fornisce il suo contributo anche l’Aeronautica militare, che ora nell’Est Europa ha “raddoppiato”, aggiungendo ai caccia intercettori Eurofighter di base a Malbork, in Polonia, altrettanti Eurofighter nella base aerea nei pressi di Costanza, in Romania. Salpata dalla base navale di Norfolk, in Virginia, ad agosto, ha dato il cambio nel Mediterraneo alla “Truman”.

È questo a Napoli il terzo scalo di una portaerei americana nei porti italiani dall’inizio della guerra in Est Europa (l’invasione decisa da Putin è scattata il 24 febbraio scorso). Infatti la “Truman” prima di tornare negli Stati Uniti fece scalo a Trieste e anch’essa a Napoli. «Freedom at work» («Libertà al lavoro») è il motto della “Bush”. Lavoro per la sicurezza che ora avrà una breve pausa, celebrato giovedì scorso il Giorno del Ringraziamento, nella metropoli alle pendici del Vesuvio, “casa” anche del Comando della 6ª Flotta Usa e del Comando Sud della Nato.

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