Candida come la neve, sulle tavole natalizie dei pugliesi ci sta davvero bene. Stiamo parlando della “Faldacchea di Turi”, meglio nota come il “dolce della sposa”, secondo tradizione la bomboniera donata dagli sposi agli invitati nel giorno del matrimonio. Usanze a parte, questo dolce tipico, quando originale, rispetta delle caratteristiche ben precise: «Deve essere rigorosamente bianco e con un solo gusto. Per prepararlo bisogna utilizzare mandorle rigorosamente della Terra di Bari, amarene, zucchero, tuorlo d’uovo, pan di spagna bagnato al liquore Alchermes e, come copertura finale, glassa di cioccolato bianco o di zucchero naspro. Chi non rispetta queste indicazioni, non potrà fregiarsi della concessione del brand collettivo».
Parola di Stefano De Carolis, presidente dell’associazione culturale “La Faldacchea di Turi”, di fatto colui che ha avviato e portato avanti con successo l’iter di riconoscimento del dolce turese. Considerato un’icona gastronomica di Turi, per risalire alle origini del dolce tradizionale e disegnarne la storia, è stato necessario compiere una lunga e impegnativa attività di ricerca sulle origini: «Con il duplice obiettivo di unire le maestre dolciarie turesi in un’unica realtà e di creare una rete capace di tutelare e promuovere l’identità della Faldacchea a livello nazionale e internazionale», ha raccontato lo studioso. “Il primo passo importante è stato riscontrare nella figura di Anna Antonia Martinelli, detta “la monacacella”, la madre della Faldacchea. Dai documenti esaminati presso l’Archivio Diocesano, ho appurato che nel 1887 la “monecacédde” visse per dodici anni in qualità di badante all’interno del Convento di Santa Chiara di Turi, dove poté apprendere numerose ricette, fra le quali proprio quella della Faldacchea, gelosamente custodita dalle monache claustrate”.
La storia è interessante perché terminata l’esperienza conventuale, la donna in questione cambiò vita e convolò a nozze con un giovane di Turi. Nella sua abitazione allestì un piccolo laboratorio casalingo, «che nel tempo diventò una fucina in cui un’intera generazione di ragazze turesi avrebbe imparato le tecniche di preparazione di diverse ricette pugliesi». Secondo gli studi condotti dal presidente appassionato di storia locale, la parola “Faldacchea” deriva dallo spagnolo “faldiquera”. Dalle radici della Faldacchea all’istituzione dell’associazione culturale, il passo è stato breve: “Una volta rispristinata la storia della Faldacchea, ho avviato un non facile percorso di dialogo con le maestre dolciarie turesi, con l’intento di trovare un terreno comune e di motivarle a costituire l’associazione culturale, nata per unire le forze e creare progetti per custodire e far conoscere questo dolce in Italia e all’estero”. Dalla degustazione alla vendita, dall’organizzazione di incontri tematici e convegni ai laboratori per imparare a preparare il dolcetto turese, le potenzialità sono veramente grandi: “Il dolce vanta una produzione annua di circa quindici tonnellate; volumi notevoli, soprattutto se si considera che sono raggiunti da sole nove microimprese cittadine. Senza dimenticare le materie prime eccellenti che vengono utilizzate, come le mandorle e le amarene”.
Grazie al lavoro dell’associazione, nel 2022 il dolce di Turi ha ottenuto il riconoscimento nazionale “PAT” (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) da parte del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. “Quest’anno, dopo un iter burocratico lungo, con il supporto dell’amministrazione comunale cittadina, abbiamo ottenuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy la registrazione del disciplinare di produzione e quello del marchio/brand collettivo “Faldacchea di Turi”, ha evidenziato il presidente dell’associazione. La titolarità del brand è quindi del Comune di Turi e le aziende che vorranno richiedere la concessione del brand dovranno necessariamente attenersi al disciplinare, a partire dalla zona di produzione che deve essere esclusivamente quella di Turi. Spazio alla personalità e alla soggettività, invece, viene concesso alle maestre dolciarie in fatto di decorazione finale della Faldacchea: “Ogni dolciaria ha il suo estro, si regola in base all’occasione, alla sua creatività. Tutte loro provengono dalla stessa scuola di preparazione, quindi partono da un processo di base comune”. Per preparare la Faldacchea di Turi sono necessari “dai due ai tre giorni”, perché a differenza di altri dolci in pasta di mandorla, “questo viene cotto e ha una conservazione certificata di tre mesi”, ha concluso lo storico.