Il suo è un volto rassicurante, familiare, legato alle abitudini quotidiane di un Paese intero, come quella di guardare il telegiornale mentre si è seduti a tavola.
Storico volto del Tg3 e conduttrice televisiva, alla guida per oltre quindici anni dell’edizione di punta delle 14.20 e di quelle serali, Rosanna Cancellieri ha di fatto accompagnato dal 1987 al 2001 i momenti sacri degli italiani, entrando nelle loro case all’ora di pranzo e a fine giornata.
Grande appassionata ed esperta di moda e costume, spettacolo, teatro e lirica - memorabile la sua rubrica “Chièdiscena” – l’abbiamo vista nel tempo alla guida di diversi format tv, sempre sulla scena anche come opinionista nei talk di Rai e Mediaset in virtù della sua personalità spontanea. Nata a Roma da genitori salentini, «papà e mamma erano di Monteroni e di Lecce», siamo andati oltre l’immagine della professionista del giornalismo, alla scoperta di un’anima del Sud che vibra sulle corde del profondo legame con le radici. I primi ricordi si srotolano proprio sulla tavola degli anni dell’infanzia trascorsa in Salento, durante le estati afose, «col pane e pomodoro e le frise come merenda al rientro dal mare, prova dell’esistenza di Dio sulla terra», racconta Rosanna, che ci riporta indietro nel tempo, «alle passeggiate in bicicletta con mia madre per andare a prendere le frise nel forno di Leverano, cotte sulla pietra, le migliori della zona».
Buongustaia doc, la Cancellieri coltiva un vero e proprio culto per il cibo, dettato anche dalla sua vena da salutista inveterata, «amante della cucina pugliese e salentina, perché è fatta di genuinità ed eccellenze». Peccare si può, «ma solo quando ne vale la pena; l’olio di casa mia è quello che mi porto da giù, come il miele e la pasta», spiega la giornalista di origini salentine, che quando si parla di tradizioni, diventa un vero fiume in piena. «La parmigiana, per esempio, non la mangio più, perché dev’essere quella di una volta, con le melanzane dorate, il sugo preparato bene, la mozzarella, il parmigiano, profumata di basilico; salvo solo quella di mia cugina Rosa (che si compiacerà a leggerlo), un’alchimia perfetta, oramai rara, che richiede molta cura e sapienza».
E le pittule? «Impossibili da trovare buone come un tempo; in questo caso, non mangio nemmeno quelle di mia cugina Rosa, che è brindisina, e quindi le sa fare nella versione salentina: soavi nuvolette, di forme diverse perché lavorate a mano, bucherellate all’interno e con la crosticina croccante. Mia mamma le preparava per l’Immacolata e la vigilia di Natale, lisce e sublimi, oppure con l’acciughetta, rigorosamente fritte con l’olio extravergine d’oliva pugliese».
Perché la frittura è sacra, solo se fatta con l’olio buono: «Vi dico un’altra favola del mio Natale, i purceddhruzzi, lavorati con la semola di grano duro, il succo di mandarino, l’anice e la cannella, conditi col miele d’arancio e pinoli; con l’aroma dei purceddhruzzi era Natale».
La carrellata continua con le zeppole di San Giuseppe, che vanno fritte nello strutto, come tradizione vuole, il pasticciotto rigorosamente con la crema pasticcera e l’amarena (al bando le versioni contemporanee al cioccolato e al pistacchio) e i meravigliosi pasticcini in pasta di mandorla che le hanno regalato qualche giorno fa, in occasione di una presentazione a Lecce: «Effetto madeleine, sono tornata ai miei otto anni».
Nel valzer dei ricordi danzano anche «i cavatelli e i maccheroncini, versione salentina delle orecchiette di Bari, che devono essere conditi con un bel sugo di pomodoro e una nevicata di cacioricotta morbido a ricciolotti, con il sugo di involtini oppure meravigliosi anche con i pezzetti di cavallo e la ricotta ascante». Ad ascoltarla, ci si perde, come in un ricettario della tradizione, puntellato anche da luoghi del cuore, come il forno di Frigole, che c’è ancora.
Ma non chiedetele di mettersi ai fornelli: «Per carità, sono pure ma non mi va; è la mia stupenda e insostituibile Pina a prepararmi semplici, salutari e appetitose pietanze. Cosa mangio nella mia quotidianità? Indovinate un po’, sono una salentina Doc, non esiste pasto senza le verdure. Stasera, ad esempio, mi aspettano i miei broccoletti».