Il rinvio all’11 novembre dell’incontro a Palazzo Chigi convocato, in un primo momento per martedì 28 ottobre, nel corso del quale il Governo avrebbe dovuto illustrare lo stato dell’arte dell’ormai pluridecennale vertenza Ilva «è inaccettabile, soprattutto dopo lo sciopero dello scorso 16 ottobre in tutti gli stabilimenti del gruppo e che ha visto a Taranto i lavoratori scendere in piazza». Lo sottolineano i segretari generali dei sindacati metalmeccanici di Taranto, Biagio Prisciano della Fim-Cisl, Francesco Brigati della Fiom-Cgil e Davide Sperti della Uilm-Uil .
«Mobilitazioni dovute - ricordano - sia alla preoccupazione legata alle offerte vincolanti ricevute per l’acquisizione dell’asset industriale che al sostanziale fermo degli impianti e all’utilizzo massiccio della cassa integrazione». Viene sottolineato anche come «sia a rischio il presente rispetto alla continuità produttiva dello stabilimento proprio perché – aggiungono – l’utilizzo della cassa integrazione anche per quanto riguarda gli operai addetti alla manutenzione mette seriamente a rischio il piano di marcia rispetto anche alla ripartenza dell’altoforno 2».
«La situazione attuale fanno presente i tre segretari generali di Fim, Fiom e Uilm - è tale che quello che ci preoccupa oggi è il presente per garantire il futuro della transizione ecologica. Senza interventi nell’immediato – sostengono Prisciano, Brigati e Sperti – e con l’utilizzo della cassa integrazione, come è stato riportato nella procedura di cassa integrazione che ha innalzato i numeri a 4.450 per tutto il gruppo, si determina un rallentamento delle attività dovuta agli squilibri finanziari che vanno ad intaccare i costi fissi».
Quindi, i sindacati di categoria dei metalmeccanici denunciano «problemi di risorse finanziarie legati alla gestione commissariale, che il governo deve tenere necessariamente in conto», per cui non si può pensare «di continuare a rinviare la discussione». Infine evidenziano di ritenere «inconsistenti e irrilevanti» le offerte vincolanti per l’acquisizione degli stabilimenti del gruppo ad esempio «quella del fondo Bedrock Industries, che ha prevalso sulle altre» ma «che prevede esuberi consistenti. Va chiarito - affermano i sindacati- il taglio di 300 milioni di euro che verrebbero decurtati dai Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) per l’installazione del Dri (produzione con preridotto ndr). Una decisione – sottolineano ancora Fim, Fiom e Uilm –, che è stata presentata e spiegata con l’esigenza di far entrare gruppi privati all’interno della gestione di Dri Italia, ma che necessita di urgenti chiarimenti. La grave contrazione produttiva compromette anche la tenuta del sistema delle aziende dell’appalto con il rischio concreto di nuovi problemi relativi al pagamento corretto degli istituti contrattuali e salariali dei lavoratori di quelle aziende». Infine la situazione dei lavoratori Ilva in Amministrazione straordinaria «per i quali pur vigendo la clausola di salvaguardia prevista dall’accordo del 06/09/2018 così come sancito dalla stessa azienda AdI in As negli accordi di Luglio 2024 e Marzo 2025, sono comunque stremati da lunghi anni in Cigs a 0 ore».
«Servono risposte urgenti e il mancato intervento del governo mette seriamente a rischio il futuro ambientale e occupazionale dell’intera comunità ionica. Per queste ragioni – concludono Prisciano, Brigati e Sperti - Fim, Fiom e Uilm si sono autoconvocati a Palazzo Chigi per domani, 28 ottobre».
Partirà, intanto, la prossima settimana il bando della Regione Puglia destinato ai lavoratori dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria e attualmente in cassa integrazione, circa 1.600 persone. L’iniziativa riguarda anche i dipendenti di altre aziende della provincia di Taranto che registrano almeno il 50% di personale in cig. Lo ha comunicato la Regione durante un incontro con le organizzazioni sindacali. I lavoratori coinvolti sono coloro che, nel novembre 2018, non furono assunti da ArcelorMittal al momento del subentro alla prima amministrazione straordinaria e che non sono poi entrati in Acciaierie d’Italia. «A seguito delle richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali, le ore complessive di formazione sono state aumentate da 210 a 400 per ciascun lavoratore», hanno annunciato Fim, Fiom e Uilm. «Le ore saranno frazionabili per garantire la massima flessibilità nella partecipazione, un risultato significativo che valorizza la formazione come strumento di tutela e reinserimento occupazionale». È inoltre prevista «un’indennità di partecipazione pari a 6 euro». L’avvio dei corsi è programmato per dicembre.
[Red.pp.]















