TARANTO - È di 1 milione di euro il risarcimento chiesto dal Comune di Taranto nei confronti dei 7 imputati coinvolti nell’inchiesta sulla costruzione e gestione del porticciolo turistico in località «Blandamura - San Francesco degli Aranci», sulla litoranea di Taranto. Inquinamento ambientale, distruzione di bellezze naturali e poi abuso d’ufficio e falso sono le accuse mosse a vario titolo dal pubblico ministero Filomena Di Tursi che dopo l’avviso di conclusione delle indagini ha notificato la richiesta di rinvio a giudizio: nel registro degli indagati sono finiti Massimo Calò, Maria Grazia Greco e Giuseppe Ignazio Todaro, i primi due amministratori della società che eseguito i lavori per la costruzione della struttura e il terzo direttore dei lavori. A questi si aggiungono poi quattro tra dirigenti comunali ed ex: l'architetto Mimmo Netti, Eugenio De Carlo, Erminia Irianni e Maria Ausilia Mazza. Nei confronti di Greco e Calò, il pm Di Tursi contesta l’ipotesi di inquinamento ambientale e lo sfregio alle bellezze naturali perché avrebbero eseguito in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico una serie di «lavori di taglio ed estirpazione della macchia mediterranea» su una superficie quasi 7mila metri quadrati «senza la preventiva autorizzazione paesaggistica» e causando così «una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile di porzioni estese e significative del suolo, della flora e della fauna».
Nell’udienza di ieri, il Comune ha chiesto di costituirsi parte civile, ma non è l’unico: la stessa richiesta è stata avanzata dal Wwf e da Legambiente, attraverso l’avvocato Eligio Curci. Sulle richieste si esprimerà nella prossima udienza il giudice Francesco Maccagnano che dovrà stabilire se nei confronti degli imputati esistono elementi sufficienti per avviare un processo.
All’imputata Greco insieme a Giuseppe Ignazio Todaro, inoltre, vengono contestate le stesse ipotesi di reato per aver estirpato altri 400 metri quadrati di macchia mediterranea anche in questo caso senza autorizzazione paesaggistica così da compromettere lo stato della natura e distruggendo o alterando «le bellezze naturali – aggiunge il pm Di Tursi – dei luoghi soggetti a speciale protezione». Non solo. Sempre contro Greco e Todaro è formulato anche l’accusa di aver costruito una strada e un'area destinata a parcheggio «mediante – si legge negli atti dell’inchiesta - l'utilizzo di pietrisco e materiale stabilizzante su una superficie complessiva di 6.700 metri quadrati»: insomma, secondo l’accusa, dove un tempo c’era la macchia mediterranea ora c’è illegittimamente un parcheggio. Nei confronti di Mimmo Netti, ex dirigente comunale ora in pensione, e Maria Ausilia Mazza è contestata la determina con la quale fu rilasciata a Calò la concessione demaniale marittima per la costruzione e gestione del porticciolo con annesse strutture e servizi e approvata la bozza del contratto che prevede una concessione per poco più di 48 anni. Nello stesso capo d’accusa, però, il pm Di Tursi ha spiegato che quella determina era «atto conseguenziale alla illegittima decisione conclusiva del Commissario ad Acta» che era stato individuato per risolvere il contenzioso amministrativo. In particolare la procura ritiene che nel 2015 il commissario avesse firmato la concessione anche sulla base di parere favorevole della Soprintendenza per i beni archeologici e paesaggistici che era stato reso nel 2013, ben 12 anni prima, anche se riconfermato nel 2014.