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Liquidi contenenti Pcb sversati per anni nella falda sotterranea del Sin di Taranto

 
Giacomo Rizzo

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Giacomo Rizzo

Liquidi contenenti Pcb sversati per anni nella falda sotterranea del Sin di Taranto

La Commissione Ecomafie: inquinamento in atto nella Gravina Leucaspide

Giovedì 20 Ottobre 2022, 13:46

TARANTO - Il drenaggio di reflui oleosi (morchie) nelle vasche permeabili della Gravina Leucaspide di Statte, che ricade parzialmente nel Sin (Sito di interesse nazionale) di Taranto, ha «probabilmente veicolato per anni i liquidi contenenti PCB, e presumibilmente anche altri inquinanti, verso la falda sotterranea». Lo scrive la Commissione bicamerale Ecomafie nella “Relazione finale sulla situazione delle bonifiche e della gestione dei rifiuti presso gli impianti ex Ilva e nelle aree contermini”, depositata dopo la missione a Taranto del luglio scorso.

Ma l’organo ispettivo avverte: i residui delle morchie oleose «sono tuttora presenti nelle vasche drenanti realizzate sommitalmente agli accumuli di rifiuti oltre che, per logica, in profondità negli stessi», e quindi «l’inquinamento, anche come possibile apporto alla falda, si può considerare tuttora in atto».

Il complesso di “Discariche Gravina Leucaspide e vecchie vasche” è compreso nelle cosiddette aree escluse sotto la gestione di Ilva in As, insieme ad altri 17 siti/attività, e consiste in accumuli per circa 5 milioni di metri cubi di rifiuti lungo il corso della gravina e la costituzione di vasche di drenaggio di morchie oleose, a sud ovest della gravina. Le morchie oleose sono, per definizione, rifiuti pericolosi che contengono oli, compreso l’olio con PCB (policlorobifenili), a sua volta classificato come rifiuto pericoloso in assoluto. Il complesso è sottoposto, dal 2018, a sequestro penale. L’attività in corso è essenzialmente quella di caratterizzazione del sito, propedeutica ad analisi di rischio e definizione del piano di bonifica.

La questione dei veleni nella falda è una delle più controverse affrontate dalla Commissione Ecomafie. Della conferenza decisoria indetta dal Ministero della Transizione ecologica per il 15 luglio scorso, «al momento della stesura di questa relazione – è stato precisato - non sono noti gli esiti» e non si può «non rimarcare l’estrema lunghezza della tempistica del processo decisionale per il piano di caratterizzazione che, peraltro, rappresenta solo la fase preliminare del procedimento di bonifica».

L’ammasso di rifiuti industriali, che si innalzano dal piano campagna per circa una trentina di metri, è stato realizzato durante la vecchia gestione dell’Italsider statale. Il deposito si estende per un’area di circa 2 chilometri e mezzo. Sopra questo cumulo di rifiuti sono state realizzate una serie di vasche in terrapieno, con il fondo permeabile, dove l’acciaieria sversava rifiuti costituiti da morchie oleose contenenti grandi quantità di PCB, per quanto noto, oltre altri inquinanti, come riferito dal sostituto procuratore Mariano Buccoliero (uno dei pm del processo Ambiente Svenduto) nel corso dell’audizione del 13 luglio scorso. «Lo scopo di queste vasche – spiega la Commissione - era di far drenare i liquidi contenuti nelle morchie, in modo da essiccarle. Successivamente, i fanghi essiccati venivano depositati come rifiuti nella discarica gestita da Italsider su un’area di proprietà Cementir».

Per la Commissione Ecomafie, «verosimilmente, anche le discariche della Gravina Leucaspide possono aver contribuito alla contaminazione del Mar Grande attraverso il movimento delle acque sotterranee e di lì, attraverso il “gioco di correnti”, alla contaminazione del Mar Piccolo. In questo momento comunque, la Commissione non ha potuto analizzare informazioni relative al possibile apporto attuale di inquinanti al Mar Piccolo, fattore che sarebbe stato considerato nella prosecuzione dell’inchiesta».

Durante la sua audizione, il pubblico ministero Mariano Buccoliero ha riferito che la proprietà, «quando ha acquisito l’impianto nel 1995, era del tutto consapevole della situazione di inquinamento in atto» avendo fatto eseguire uno studio ambientale che segnalava «un ammasso di rifiuti industriali incontrollati». Di conseguenza, «i titolari, famiglia Riva, hanno deliberatamente occultato la situazione della Gravina Leucaspide, evidentemente con la finalità di evitare i costi di bonifica».

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