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Ma non è Urso il responsabile del disastro Ilva

Ma non è Urso il responsabile del disastro Ilva

 
mimmo mazza

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mimmo mazza

Urso, l'ex Ilva e la trattativa con Baku: «Negoziato complicato ma siamo nella fase cruciale»

foto Ansa

Non c’è nessun esponente dei governi che dall’estate del 2012 - quando furono arrestati proprietari e dirigenti - ad oggi si è occupato del dossier Ilva a poter seriamente sostenere di aver risolto un problema forse irrisolvibile

Domenica 28 Dicembre 2025, 18:36

Non c’è nessun esponente dei governi che dall’estate del 2012 - quando furono arrestati proprietari e dirigenti - ad oggi si è occupato del dossier Ilva a poter seriamente sostenere di aver risolto un problema forse irrisolvibile.

Certo, qualche buontempone può cercare di appuntarsi un lustrino ad uso social o talk show ma la verità è un’altra, e chi nel siderurgico di Taranto ci lavora o ci abita nelle vicinanze, lo sa molto bene.

Produzione ai minimi storici, cassa integrazione ai massimi, casse quasi vuote, sistema impiantistico al collasso e ancora legato al ciclo integrale fondato sul carbone. Un disastro frutto di scelte sbagliate (innanzitutto l’esproprio del 2013 del governo Letta: doveva essere lasciato alla famiglia Riva l’onere di risanare la fabbrica, e ora beffardamente i Riva sono leader nella produzione di acciaio da forni elettrici), annunci roboanti (il comizio del duo Di Maio-Dibattista nella campagna elettorale del 2018 al rione Tamburi), errori di sottovalutazione (il patto Fitto-Morselli del 2023) fino all’incidente all’altoforno 1 del maggio scorso che ha mandato in aria i piani di resistenza produttiva e quindi economica della gestione commissariale, mettendo fretta alle scelte per il futuro, fretta fuorviante e capace di mettere i pretendenti del complesso aziendale ex Ilva in una posizione di oggettiva forza.

Certo, un’Ilva moderna e performante fa paura. Agli altri acciaieri italiani, innanzitutto, che ovviamente temono un concorrente così ingombrante e dunque non lesinano mezzi e slogan per sollecitare la fine della fabbrica di Taranto, infischiandosene altamente delle conseguenze. Ma pure tra i politici c’è chi tifa contro per dare un senso alla propria carriera costruita all’ombra delle ciminiere o per regolare conti interni a partiti o gruppi di potere, tanto Taranto ancora una volta attende dall’alto decisioni che dovrebbe invece avere la forza e la competenza di imporre al governo.

In attesa che ancora una volta la magistratura faccia chiarezza su come, e da chi, è stato gestito il siderurgico tra il 2018 e il 2024, dilapidando risorse e materie prime, lesinando manutenzione e investimenti, ecco, in attesa dell’ennesima attività di supplenza delle toghe e alla luce di tutto questo, la campagna di stampa delle ultime ore contro il ministro Adolfo Urso pare strumentale e ingenerosa giacché in pochi come lui hanno cercato, spesso con una pazienza invidiabile, di trovare sull’Ilva una soluzione che tenesse tutto assieme: salute, ambiente e lavoro. Urso avrà sicuramente commesso errori di valutazione ma il disastro attuale ha altri genitori.

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