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Taranto, operaio ex Ilva contagiato dal Covid 19: «Mittal mi ha abbandonato»

 
Redazione online

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L'uomo di 40 anni: «Sono stato trattato come un nulla dall’azienda»

Venerdì 19 Giugno 2020, 17:15

TARANTO - «Sin da subito sono stato trattato come un nulla dall’azienda. E’ di dominio pubblico che fui accompagnato in taxi a casa nonostante fossi svenuto in precedenza e nonostante avessi dichiarato all’infermeria dello stabilimento che stavo accusando una sintomatologia riconducibile al Covid-19. Invece, mi hanno dato del bugiardo. Tutto questo è assurdo, ora ho presentato un esposto in Procura chiedendo di fare chiarezza sull'accaduto». E’ quanto riferisce Fabio Peluso, 40enne addetto agli impianti di ossigeno (reparto PGT) dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, che la notte di venerdì 28 marzo, mentre era in servizio in fabbrica, avvertì malore e febbre. Dopo essere stato visitato nell’infermeria dello stabilimento fu riaccompagnato a casa in taxi. Circostanza da lui stesso rivelata, che aveva generato polemiche e sollevato dubbi sull'applicazione dei protocolli per il contenimento dei rischi di contagio. Nella sua abitazione era rimasto fino a sabato sera, prima di essere trasportato in ambulanza all’ospedale Moscati. Lì fu sottoposto a tampone, poi risultato positivo al Covid, con diagnosi di polmonite interstiziale. Il 9 aprile scorso, dopo essere guarito dal punto di vista clinico e virologico, l’operaio è stato dimesso. «Il mio avvocato Gina Lupo - sottolinea Peluso - aveva inviato una lettera con richieste di chiarimenti all’azienda. La risposta è stata sorprendente. Hanno anche insinuato che avrei rilasciato delle false dichiarazioni, che non era andata così. Nei giorni successivi al ricovero sia io che la mia famiglia siamo stati letteralmente abbandonati dall’azienda. Solo una telefonata da una persona che si era presentata come vicina all’amministratore delegato, durata una ventina di secondi». «Ci chiediamo - ha aggiunto l’avv. Lupo - se sia accettabile che un lavoratore che stramazza a terra venga messo su un taxi e accompagnato al suo domicilio in piena emergenza Coronavirus. Avrebbero dovuto capire anche che era prostrato psicologicamente. Tutta la città sapeva il suo nome e il suo cognome, ha subito un linciaggio sui social. La famiglia è stata isolata come se fossero degli appestati. L’indagine della magistratura farà il suo corso. Ci è mancato poco che leggessimo che il taxi se lo sia chiamato da solo». 

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