Onorevole Andrea Caroppo, parlamentare salentino di Fi, che rapporto ha con il calcio?
«Sono da sempre un maniaco dello sport: seguo pallone, basket, tennis… Il calcio l’ho amato appassionatamente fino al 2007. Poi con Calciopoli ho perso un po’ di cuore».
Tifa Lecce?
«Sì, con i colleghi alla Camera e al Senato stiamo per aprire il Lecce club parlamento».
Come valuta l’attuale campionato dei salentini?
«Un buon torneo. Siamo in una fase ora poco brillante. La stagione è caratterizzata da alti e bassi. Complessivamente l’obiettivo alla nostra portata, ovvero raggiungere prima possibile la salvezza. Speriamo di riprendere spediti la marcia».
Chi l’ha sorpresa tra i giocatori giallorossi?
«Nel gruppo del tecnico Baroni fa la differenza l’organizzazione difensiva, che in passato è mancata. Ora, a parte le ultime gare, presentiamo una retroguardia blindata: abbiamo Baschirotto, vera rivelazione, atteso da una carriera luminosa, e un fuoriclasse come Umtiti…».
La sua prima volta al Via Del Mare?
«Con la promozione dell’84-85, in panchina c’era Eugenio Fascetti. Poi venne il primo campionato del Lecce in A. Mio padre era abbonato e io andavo con lui. Era il Lecce sudamericano di Pasculli e Barbas. Ricordo un aneddoto».
Prego.
«C’era anche mio fratello, che a 10 anni era alto uno e ottanta. I bambini allora non pagavamo, ma a mio fratello chiedevano sempre di dichiarare l’età…».
Riti pre gara?
«Nel calcio e in politica non sono scaramantico. Vado con gli amici di sempre».
Il campione-mito giallorosso?
«Chevanton: ha fatto innamorare la piazza salentina. Era un attaccante dai numeri straordinari, completo, veloce, potente, segnava in acrobazia. Ha rappresentato l’ideal-tipo del top player».
Tifa per un grande club?
«Simpatizzo per la Juve. Negli ultimi decenni il consolidamento del Lecce ha attenuato la simpatia per i bianconeri. Soprattutto dopo le tante inchieste».
A chi paragonerebbe Giorgia Meloni?
«È una giovane politica che rappresenta una rivelazione, contro ogni pronostico. Ha avuto un percorso come quello di Verratti, dal Pescara alla Nazionale e ai palcoscenici europei».
Berlusconi?
«È sempre stato il goleador: è Maradona del centrodestra».
Alfredo Mantovano?
«L’Andrea Pirlo del governo. Grande lavoro e poche chiacchiere, di grande intelligenza e sostanza. La qualità delle persone fa la differenza. È un fuoriclasse della politica. In una stagione in cui i personaggi sono più social, si impone con la competenza».
La Schlein è l’anti-Giorgia?
«Ho rispetto per le dinamiche dell’altro campo. Il centrodestra pugliese deve ricordarselo. Quando vinse Vendola le primarie, a destra c’era chi sottovalutò il passaggio politico. E la storia ha detto tutt’altro. Se il popolo del Pd l’ha scelta, per quel mondo rappresenta un valore da riconoscere. Noi siamo antitetici, e l’elettore di centrodestra apprezza questi primi mesi di governo, per compattezza e concretezza».
In Puglia i conservatori non imbroccano una candidatura vincente alla Regione da vent’anni. Che schema calcistico ci vorrebbe per cambiare verso?
«Ci vorrebbe un approccio come quello della Juve di Marcello Lippi, che riportò la Vecchia Signora a dominare. Serve sparigliare, con uno schema nuovo e d’attacco».
L’identikit del capitano della riscossa?
«Mi piacerebbe che nel centrodestra si potessero mischiare le carte come nel Pd. Bisogna lasciare le briglie sciolte. Chi si può mettere in gioco, adesso deve provare con coraggio a mettere in campo le proprie idee e il proprio coraggio».