Giovedì 16 Ottobre 2025 | 22:43

Liberami dal nulla: l’America degli «ultimi» di Bruce Springsteen

Liberami dal nulla: l’America degli «ultimi» di Bruce Springsteen

 
Roberto Sciarrone

Reporter:

Roberto Sciarrone

Liberami dal nulla: l’America degli «ultimi» di Bruce Springsteen

Da «The River» a «Nebraska», arriva il biopic diretto da Scott Cooper

Giovedì 16 Ottobre 2025, 18:22

È un’America disillusa quella in cui si muove il biopic sul Boss, attraversata dalla Reagan Revolution, dal mito del “self-made man” e dallo “Star Wars Program” che porterà all’apice le tensioni con l’Unione Sovietica. Ma è anche il tempo dei mass media, la musica esplode con MTV (nata nel 1981). Un’America più libera e più attenta agli “ultimi”. 

Springsteen: Liberami dal Nulla segue la realizzazione dell'album “Nebraska” di Bruce Springsteen del 1982. Inciso con un registratore a quattro piste nella sua camera da letto in New Jersey a Colts Neck, l’album segna un momento di svolta nella sua vita ed è considerato una delle sue opere più durature: un album acustico puro e tormentato, popolato da anime perse in cerca di una ragione per credere. Il film, con un iconico Jeremy Allen White nel ruolo di Bruce Springsteen, è diretto da Scott Cooper e tratto dall’omonimo libro di Warren Zanes. Lì, nel New Jersey l’animo inquieto di Bruce Springsteen, travolto dal successo di “The River”, che conta hit come “Hungry Heart”, prova a ritrovare sé stesso attraverso la musica, ma cambiandone i paradigmi. 

Come A complete unknown su Bob Dylan, con Timothée Chalamet, si racconta un periodo breve ma decisivo nella vita di un cantante famoso. Perché Bruce, nel 1982, è già famoso, ma ha paura di esserlo e di perdere aderenza con la realtà. Dai rapporti con il padre, tormentati durante l’infanzia alla storia d’amore vissuta con Faye, interpretata dalla splendida Odessa Young e l’incapacità di amare per paura di ferire. Liberami dal nulla è però l’opposto di quel film: là un cantante folk diventa elettrico, qui un rocker elettrico diventa folk e ci racconta questa trasformazione – o deviazione musicale – dall’interno della sua cameretta, a volte claustrofobica. 

Tra i momenti “chiave” di Springsteen – Liberami dal nulla sicuramente la scena in cui Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong), amico e produttore di Bruce, fa ascoltare al grande boss della casa discografica le canzoni di Nebraska (scarne, acustiche, senza hit) e gli dice: “Questo è il nuovo disco. Esce così. Niente singoli, niente tour, niente interviste, e niente foto di Bruce in copertina”. Quello lo guarda terrorizzato: “Vuole fare un cazzo di disco folk? Le radio non passeranno mai questa roba!”. Ma Springsteen, dopo il successo di The River, era già abbastanza “Boss” da imporre ai discografici le proprie idee. Nel 1982 Nebraska sarà il terzo album più venduto negli Usa e, soprattutto, aprirà la strada al successo planetario di Born in the U.S.A. Disco pubblicato nel 1984 che peraltro, in quel 1982 raccontato nel film, Springsteen aveva già registrato ma accantonato perché intimorito dal successo, dai singoli, dalle classifiche, dalla notorietà e da tutto ciò che lo aveva allontanato dalla sua realtà. 

Bruce era cresciuto in una famiglia della cosiddetta working class che si trovava spesso in condizioni economiche precarie. Il padre, veterano della seconda guerra mondiale, cambiava spesso lavoro: in tempi diversi fu impiegato come tassista, conducente di autobus, operaio e guardia carceraria, il tutto alternato a periodi di disoccupazione. I suoi “fantasmi” partono proprio da lì e vengono ampiamente ricordati nel film, fino alla scena “madre” che racconta la definitiva riconciliazione con il suo affetto forse più tormentato: quello con il padre, che si scioglie finalmente in un lungo e commovente abbraccio dopo il ritorno alle scene e la definitiva esplosione. 

E poi gli attori. Jeremy Allen White non interpreta Bruce, diventa Bruce, “è” Bruce: iconico. Jeremy Strong è molto bravo nei panni di Landau e Stephen Graham è perfetto nei panni del padre. E infine la musica, che conoscevamo ma che è un piacere riascoltare, perdendosi ancora una volta e sognando di rivivere quegli anni d’oro per il rock e non solo.

Questa la storia che racconta il film di Scott Cooper: quella di un musicista rock che non vuole diventare famoso. Il disagio che il film visualizza in bianco e nero, ma anche la profonda sensibilità dell’uomo Bruce che non vuole farsi travolgere dal Boss Bruce Springsteen. Dalla potente macchina da rock’n’roll nei concerti con la E Street Band a un artista introverso e tormentato, come testimonierà poi una lunga depressione. Infine, il viaggio in California per ritrovare sé stesso, lontano da tutti, per farsi curare e infine il ritorno poderoso sulle scene e la definitiva esplosione: Born in the U.S.A. 

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