In Puglia e Basilicata
IL QUADRO POETICO
Il dipinto del Carabiniere al teatro Fiamma
03 Aprile 2022
Gaetano Cappelli
Piccolo atlante sentimentale di quel che resta – o non resta – in città. Lo specchio. Incastonato tra le due vetrine di un negozio c’era, in via Pretoria, uno specchio grande, nero, lucido, elegantissimo, capace di riflettere un’immagine così ugualmente elegante di te stesso che ogni volta che, adolescente, ci passavo davanti a tarda notte, mi chiedevo come mai poi nessuna femmina mi cadesse ai piedi; folgorata. Al posto di quel negozio ce n’è oggi un altro; senza specchio, ma elegante lo stesso. Il liceo classico e il cinema Fiamma. Mio padre mi avrebbe voluto ragioniere o geometra. Ma più che dai numeri, io ero attratto dalla bellezza. Mi iscrissi dunque al Classico… lì, di bellezza ce n’era un sacco – capirai, era pieno di femmine! Certo, il prezzo da pagare fu alto. Ore e ore sforzandomi di penetrare quelle lingue remote, e con scarsi risultati. Non così con le ragazze. ù
Qualche settimana e già ne stavo baciando una con la lingua (non remota), al cinema Fiamma. Il liceo Classico c’è ancora, ed è zeppo di vita e ragazzi più studiosi di quanto non lo fui io; e, immagino, storie d’amore. Il cinema Fiamma non così, e il cuore mi si è strizzato scorgendo, nelle foto pubblicate dalla Gazzetta, il magico fiammeggiante carabiniere, che fu testimone silenzioso di quel bacio lontano. Di voi che resta, antichi amor!, come diceva una di quelle canziòn che ascoltavamo sui dischi comprati nel negozietto di Portasalza. Dopo la piccola ripidissima scala, ti trovavi davanti questa specie di cerbero reso, per uno strano contrappasso, furente proprio dalla soavità della musica di cui viveva. Costui un giorno, non si sa per quale motivo, insolentì il fratello minore del maggiore esponente d’una combriccola di vitelloni locali – gne menase, cioè, na rubbeglia. Be’, da quel momento i muri di Potenza iniziarono a riempirsi di scritte che ne declinavano il cognome nelle varietà più comiche e fantasiose; a quelle, in un secondo tempo, se ne aggiunsero altre dedicate a Vito Riviello, il poeta reo di aver sparlato snobisticamente dei concittadini in un’intervista a Playmen. Scritte che presto travalicarono i confini urbani per comparire, addirittura, ben oltre quelli patri. E i potentini in viaggio ne fotografarono, da Ottawa a Singapore a Malindi, negli aeroporti più remoti dell’orbe terracqueo. E di voi che resta, grandi segreti, complici cuor? Dei vitelloni, la memoria di quelle gesta che, parafrasando Proust, definirei «senza nobiltà ma non senza grandezza». Del poeta Riviello, il quale seguendo i suoi sogni partì andò finalmente a viversene a Roma, versi come codesti: Sono nato sull’Appennino lucano avevo colline e montagne a portata di mano…
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