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La Protezione civile: nessuno ha aperto la diga di Occhito

 
La Protezione civile: nessuno ha aperto la diga di Occhito

Lunedì 09 Marzo 2009, 08:26

02 Febbraio 2016, 20:13

RIPALTA (FOGGIA) - Tutta colpa del Fortore. Quel fiume da sempre turbolento e irrequieto, largo non più di sei metri, che a vederlo così, fa sorridere, nonostante l’acqua limacciosa e la corrente vorticosa. Quando si arrabbia, il Fortore, sono dolori. Esondazioni, piene, allagamenti. Copione rispettato anche l’altra notte quando l’acqua - come un cavallo imbizzarrito - ha superato gli argini e si è diretta verso la statale 16, travolgendo tutto e tutti. La piena non ha risparmiato neanche la massicciata dei binari della ferrovia. Il mare in burrasca, poi, ha fatto il resto, creando una specie di tappo. Risultato? Un’intera notte da incubo, quattro feriti, strade e binari interrotti. L’acqua caduta dal cielo è stata tanta. Troppa. Racconta Giuseppe Tedeschi, dirigente della Protezione civile pugliese: «Si è trattato di un evento eccezionale: 50-60 millimetri in poche ore, lunga la fascia costiera, su una superficie già impregnata dalle abbondanti piogge dei giorni scorsi». Questa volta la diga di Occhito non c’entra. Tedeschi è categorico: «Nessuno ha mai aperto le paratoie per far defluire l’acqua». 

Una procedura in passato utilizzata per evitare l’incubo Vajont. L’unico sfiato, in funzione da febbraio, lascia andar via solo 50 metri cubi al secondo. Una goccia nell’oceano, spiegano gli esperti. Il gigante in terra battuta può diventare una bomba ad orologeria logeria. Spiega il dirigente della Protezione civile di ritorno da un sopralluogo: «Siamo 25 centimetri sotto il livello di guardia. E l’acqua si sta abbassando. Le previsioni meteo ci confortano: dovrebbe arrivare un po’ di pioggia tra stasera e domani. Poca roba, comunque». 

Le cifre sottolineano l’importanza dell’invaso: tra venerdì e sabato sono entrati 21 milioni di metri cubi, 400 al secondo, per una disponibilità totale di 194 milioni e 72mila. Intanto i campi nel tratto finale della valle del Fortore sono diventati acquitrini. Il cielo ieri è tornato limpido, il vento di terra porta il tanfo dell’acqua stagnante e marcia. Perché le colture non esistono più. Strappate, annegate in una palude delimitata dalla statale 16 e dall’autostrada. Ad un tiro di schioppo dal lago (vero) di Lesina. Sembra uno specchio d’acqua gemello. Ed è qui che si è sfiorata la tragedia di cui riferiamo a parte. Strada e binari sono sommersi dal fango. Inevitabili le ripercussioni sul traffico ferroviario. Trenitalia si è mobilitata nel tentativo di ridurre i disagi. Che ci sono stati, in un’Italia tagliata a metà. Nella scheda a parte riferiamo dei ritardi e delle misure adottate dalle Ferrovie. 

Intanto le acque limacciose del Fortore sono diventate un’attrazione turistica. La gente fa la coda da un lato sul ponte vecchio a doppia arcata in cemento, rosicchiato dalle intemperie, dall’altra sul ponte nuovo lungo la strada provinciale per Serracapriola. Sotto l’obiettivo di macchine fotografiche e cineprese passano tronchi e rifiuti. Non è un mistero per nessuno che la mancata pulizia dell’alveo del fiume, tappezzato di alberi, contribuisce in maniera determinante alle esondazioni periodiche del Fortore. Da queste parti sempre guardato con rispetto. 

Il deputato europeo Salvatore Tatarella (An), per quanto riguarda Occhito, ha dichiarato che «è inspiegabile come si possa pensare di buttare l'acqua raccolta in un invaso e non invece predisporre e utilizzare sistemi di interconnessione tra gli invasi che convoglino le eccedenze verso impianti non colmi».
dal nostro inviato GAETANO CAMPIONE
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