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Consulta: carente il ricorso per la Fondazione Petruzzelli

 
Consulta: carente il ricorso per la Fondazione Petruzzelli

Mercoledì 06 Luglio 2011, 15:03

02 Febbraio 2016, 23:31

BARI – La Corte costituzionale ha dichiarato oggi inammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Bari per stabilire se la nuova Fondazione costituita per la gestione del teatro e delle attività svolte sia titolare non solo dei diritti ma anche degli obblighi imposti da un accordo raggiunto nel 2003 tra istituzioni e proprietari. L’accordo fu annullato da un decreto legge di esproprio del teatro fatto dal governo Prodi, decreto che fu però dichiarato incostituzionale dalla Consulta il 30 aprile 2008. La decisione della Corte costituzionale è basata essenzialmente sulla considerazione che nell’ordinanza del giudice di Bari che ha rimesso gli atti alla corte “non appare congruamente soddisfatto” il requisito per il quale la motivazione della rimessione dà conto “delle ragioni per le quali la questione proposta riveste i caratteri, oltre che della non manifesta infondatezza, della rilevanza nel giudizio a quo, offrendo perciò una adeguata descrizione della concreta fattispecie nonch‚ dei motivi per i quali la soluzione del dubbio di legittimità costituzionale risulti pregiudiziale rispetto alla definizione del giudizio”. 

LEGALE DELLA FAMIGLIA: LA CONSULTA NON E' ENTRATA NEL MERITO
“La Corte costituzionale non è entrata nel merito della questione, perchè ha considerato carente l’ordinanza di rimessione del giudice: questo ci consente di coltivare la speranza di tornare alla Consulta per capire se l’attuale Fondazione Petruzzelli è legittimata a stare nel Petruzzelli in forza dell’accordo del 2003, se può essere un inquilino pagante e non un ospite privo di legittimazione”. Lo afferma l’avv.Ascanio Amenduni, legale del 75% della famiglia proprietaria del teatro, i Messeni Nemagna.
L'avv.Amenduni sollevò dinanzi al tribunale di Bari nella primavera 2010 la questione di legittimità costituzionale, ritenuta dal giudice non manifestamente infondata e inviata alla Consulta, a proposito della disposizione – contenuta nel decreto legge del 2006 di esproprio del Teatro Petruzzelli fatto dal governo Prodi e dichiarato incostituzionale il 30 aprile 2008 - che aveva abrogato il recepimento legislativo del protocollo d’intesa per la ricostruzione e la gestione del teatro sottoscritto il 21 novembre 2003 tra enti pubblici territoriali e proprietari. Dopo che la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'esproprio, è necessario – secondo l’avv.Amenduni – eliminare anche l’abrogazione della saldatura legislativa tra Fondazione e protocollo d’intesa. 

“Occorre – aggiunge il legale – riannodare il cordone ombelicale reciso tra la Fondazione e il protocollo stesso”, e quindi identificare l’attuale Fondazione, che non figurava tra i soggetti che stipularono l’accordo del 2003, come il soggetto obbligato, oltre che a sopportare gli oneri di ricostruzione del teatro, anche ad usarlo per 40 anni pagando il canone contrattuale previsto dal protocollo. “Attualmente invece – ricorda Amenduni – la Fondazione è insediata nel teatro 'di fatto', giacchè ricusa il protocollo d’intesa e, con questo, il pagamento del canone che esso prevede”, 500.000 euro all’anno per 40 anni.

LA CONSULTA SI E' GIA' OCCUPATA DEL PETRUZZELLI
E’ la seconda volta che la Corte Costituzionale si occupa del teatro Petruzzelli: la prima volta, il 30 aprile del 2008, la Consulta dichiarò incostituzionale l'esproprio che era stato stabilito con legge e per motivi d’urgenza dal governo Prodi nel 2006 per consentire, come poi è avvenuto, una ricostruzione veloce ad opera di Angelo Balducci,  nominato commissario per la ricostruzione su proposta dell’allora vicepremier, Francesco Rutelli. Balducci qualche anno dopo è incappato nelle vicende giudiziarie legate agli appalti del G8: anche in conseguenza di questo dovrebbero essere tuttora in piedi a Bari inchieste penali riguardanti il denaro speso dallo Stato per i lavori di ricostruzione. 
Nell’aprile 2008, i giudici della Consulta dichiararono incostituzionale l’esproprio. Nella circostanza che ha prodotto la sentenza depositata oggi le carte furono inviate ai giudici costituzionali dalla seconda sezione del Tribunale di Bari, che aveva accolto una nuova istanza presentata dal'avv.Ascanio Amenduni, legale dei 3/4 dei proprietari, la famiglia Messeni-Nemagna. 

La nuova questione sollevata riguardava la necessità che fosse riconosciuta la validità del protocollo d’intesa siglato il 21 novembre del 2002 tra gli enti pubblici (ministero, Regione Puglia, Comune di Bari) e la famiglia per regolare i termini della ricostruzione e della gestione del teatro. Gestione che in virtù del protocollo veniva affidata alla Fondazione (all’epoca non ancora costituita) ad un canone di 500.000 euro l’anno per 40 anni. Dopo i 40 anni il teatro sarebbe tornato nella piena disponibilità della famiglia. Il protocollo, però, dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell’esproprio è rimasto inapplicato perchè la legge di esproprio aveva anche abrogato il recepimento legislativo dell’intesa che non è stato ripristinato con l’annullamento dell’esproprio stesso. 

La Fondazione costituita dopo la ricostruzione del teatro, infatti, attualmente gestisce il teatro che le è stato affidato dallo Stato a conclusione dei lavori di ricostruzione, ma ritiene di non dover adempiere agli obblighi contrattuali (sostanzialmente il canone annuale). Nasce da questo rifiuto della Fondazione di ritenersi vincolata agli obblighi dell’accordo del 2002 il secondo ricorso alla Corte costituzionale: in sostanza è stato chiesto alla Corte di pronunciarsi in merito alla possibile incostituzionalità della disposizione contenuta nel decreto legge di esproprio del governo Prodi che ha abrogato il recepimento legislativo del protocollo d’intesa sottoscritto il 21 novembre 2002. Secondo il giudice di Bari, infatti, essendo “venuto meno l’esproprio, lo stesso protocollo d’intesa ha ripreso efficacia quale atto regolatore degli interessi delle parti in ordine alla ricostruzione e all’uso del teatro”. ma a questo riguardo, i giudici della corte costituzionali, su più questioni hanno sottolineato che l’ordinanza di rimessione “si rivela in difetto della necessaria motivazione”. 
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