BARI - Acquedotto Pugliese vedrà l’ingresso dei Comuni e continuerà a gestire il servizio idrico per altri 30 anni, evitando una gara d’appalto che avrebbe potuto portare il business nelle mani dei privati. L’accordo politico che la Regione ha siglato con Raffaele Fitto a pochi giorni dall’approdo del ministro a Bruxelles risolve un problema che dura dai tempi di Vendola, ma trasforma Aqp in qualcosa di diverso rispetto a ciò che è oggi: pur lasciandone formalmente la proprietà alla Puglia, ne sancisce una sorta di nazionalizzazione in base a cui il governo avrà un ruolo operativo in tutte le scelte.
A maggio Palazzo Chigi aveva impugnato alla Consulta la legge con cui il Consiglio regionale disponeva l’avvio del trasferimento del 20% delle azioni di Aqp ai Comuni, presupposto indispensabile per ricorrere all’affidamento diretto del servizio idrico una volta che (31 dicembre 2025) scadrà la concessione rilasciata per legge nel 1999 e prorogata due volte.
Ieri, parallelamente a un’istanza di rinvio dell’udienza davanti alla Corte costituzionale prevista per oggi, il ministero di Fitto ha depositato un emendamento alla legge di conversione del decreto Ambiente in cui si prevede che «ai fini di un eventuale affidamento del servizio idrico integrato» con il meccanismo dell’in-house «è ammesso il trasferimento da parte della Regione Puglia di parte delle azioni della società di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 141 del 1999 in favore dei comuni della medesima regione esercenti il controllo analogo sulla società a capitale interamente pubblico». Cioè esattamente quello che Palazzo Chigi a maggio riteneva illegittimo...