Sabato 06 Settembre 2025 | 15:11

Puglia, acqua pubblica e la legge regionale impugnata: «Ma nel caso della Sardegna c’è stato l’ok della Consulta»

 
massimiliano scagliarini

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massimiliano scagliarini

«Ma nel caso della Sardegna c’è stato l’ok della Consulta»

L'intervista al prof. Mazzola, uno dei maggiori esperti italiani di risorse idriche: le alternative esistono ma la Puglia si è mossa troppo tardi. Aqp lavora bene, ne va preservato il know-how

Venerdì 31 Maggio 2024, 08:40

08:42

BARI - «Acquedotto Pugliese ha dimostrato di saper fare piuttosto bene il proprio lavoro. Ma la discussione sul futuro forse andava avviata prima, perché ora rischia di finire nel mezzo di questioni politiche». Il professor Rosario Mazzola, palermitano presidente della Fondazione Utilitatis, è considerato uno dei maggiori esperti italiani di risorse idriche. «La Regione Puglia - dice - ha fatto una legge certamente innovativa rispetto al percorso della gestione in-house. Immagino che la porterà avanti. L’impugnativa non equivale allo stop perché l’ultima parola spetta alla Corte costituzionale. Speriamo che la sentenza arrivi in tempi brevi, per dare la possibilità di studiare soluzioni alternative».

Soluzioni che rientrano nel novero di quelle già previste dalla legge.

«Facciamo conto che la legge regionale non ci sia. L’Ato, quando termina l’affidamento ad Aqp, ha le tre strade previste dalla legge vale a dire gara d’appalto, società mista e affidamento in-house. Nessuno impedisce di seguire una via “normale” anche senza legge regionale».

La scelta sembrerebbe ricadere sull’in-house, per evitare la gara d’appalto.

«Le motivazioni per cui la Regione lo fa sono chiare. Per il ricorso all’in-house i Comuni fanno una società e affidano a questa società il servizio. Sarebbe una nuova Aqp, non una trasformazione della società attuale».

È quello che hanno fatto in Sardegna con il gestore unico Abbanoa...

«Lì alla fine, perché i Comuni non ce la fanno, la Regione è dovuta salire al 72% con un aumento di capitale ma la sua quota conta il 20%. C’è una sentenza della Corte costituzionale che ha dato ragione alla Sardegna, quindi il discriminante non è nemmeno la quota azionaria in mano alla Regione, ma ciò che pesa nella governance: la scelta è stata considerata legittima, ma non significa che non ci siano altri problemi visto che ora l’Unione Europea chiede di andare a gara».

E la Basilicata?

«Sia Acquedotto Lucano che Abbanoa vedono i Comuni come magna pars. La Regione è un socio che fornisce finanziamenti ed esercita una moral suasion pur non avendo una centralità particolare. Nella legge pugliese, per quello che posso capire senza aver approfondito, il controllo analogo su Acquedotto Pugliese viene assicurato dai patti parasociali, che non hanno valore di legge. È differente scriverlo in una legge, come ha fatto la Sardegna».

È ipotizzabile una ulteriore proroga dell’affidamento ad Aqp?

«Il termine massimo di 30 anni previsto dalla legge non è stato raggiunto, siamo a 26, ma a disporla dovrebbe essere sempre il Parlamento».

Un’ultima cosa. La strategia pugliese punta a evitare che nella gestione dell’acqua entrino i privati. In base alla sua esperienza i privati vanno demonizzati?

«Non c’è motivo di demonizzare. Possono esserci ragioni differenti alla base della scelta. Ci sono gestioni pubbliche eccellenti (pensiamo a Danimarca, Norvegia, Olanda) e ci sono gestioni private eccellenti. L’acqua è un monopolio naturale che in Italia è ben regolato da Arera. Se mancasse la regolazione ci potrebbero essere abusi sia da parte dei gestori pubblici che da parte dei privati. Quello che conta sono l’efficienza e la capacità di ottenere finanziamenti. Aqp ha dimostrato di lavorare piuttosto bene e possiede un enorme know-how. Attenzione, comunque, a non fermare la macchina: ci sono sfide di sicurezza dell’approvvigionamento, del trattamento dei reflui urbani, della qualità delle acque con le nuove direttive. Sono sfide molto forti e non si può perdere tempo».

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