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Interdittiva a Lavit, la Regione chiede i documenti

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Interdittiva a Lavit, la Regione chiede i documenti

Dopo lo stop antimafia alla società del «lavanolo» negli ospedali: «Non siamo parte in causa ma verifichiamo»

Mercoledì 14 Febbraio 2024, 13:07

La Regione ha scritto a InnovaPuglia per chiedere notizie in merito all’interdittiva antimafia notificata a dicembre alla cooperativa Lavit di Foggia, che ha vinto (insieme ad altre due imprese, risultate estranee) l’appalto quinquennale da 187 milioni per il servizio di lavanolo (materassi e lenzuola) in tutti gli ospedali pubblici.

«Non essendo noi parte del procedimento avviato dalla Prefettura - fanno sapere dal dipartimento Salute - ci siamo interfacciati con la stazione appaltante per conoscere i dettagli relativi all’interdittiva, della quale abbiamo appreso dai giornali». Il caso è stato raccontato a dicembre dalla «Gazzetta», che ieri ha illustrato i dettagli del provvedimento firmato dal prefetto Maurizio Valiante.

Lavit è riconducibile all’imprenditore Michele D’Alba, di Manfredonia, e alla sua famiglia, già destinataria di analogo provvedimento per la cooperativa Tre Fiammelle (anch’essa appaltatrice di numerose pubbliche amministrazioni). La Prefettura ha valorizzato gli esiti di due importanti indagini della Dda di Bari sulla criminalità organizzata foggiana, indagini dalle quali risulterebbe una certa contiguità di D’Alba: pur avendo genericamente denunciato le richieste estorsive ricevute nel 2017 da alcuni suoi parenti, l’imprenditore avrebbe negato di conoscere uno dei due pregiudicati che si sono presentati per tentare una estorsione nella Rssa «Il Sorriso» (e che per questo sono stati denunciati da due ex soci in affari di D’Alba). Nalle intercettazioni, però, emerge che uno dei due pregiudicati parla di un incontro con D’Alba, mentre nela «lista delle estorsioni» della mafia foggiana (sequestrata nel 2022) era presente il nome della Tre Fiammelle con l’importo della presunta tangente.

La Prefettura ne ricava la sottomissione di D’Alba, che - intercettato dalle microspie nella sala d’attesa della questura di Foggia - avrebbe invitato il figlio e il genero a non dire nulla ai poliziotti sui tentativi di estorsione da parte dei clan. Ci sarebbe dunque un «contesto “solidaristico”» tra D’Alba e la mafia foggiana, perché l’imprenditore sarebbe disponibile a pagare il pizzo e tenere la bocca saldamente chiusa, avendo «ragionevolmente» la disponibilità «ad alimentare gli interessi economici del gruppo criminale di riferimento».

L’interdittiva (che Lavit ha impugnato al Tar) non è una sentenza penale. Tuttavia la Regione vuole capire quali sono i meccanismi messi in atto per rimuovere il rischio di infiltrazione paventato dalla Prefettura, visto che l’impresa - tramite il suo personale - lavora quotidianamente a contatto con il sistema sanitario pubblico. Per quanto non sia contestata l’assunzione di personale segnalato dai clan (il tentativo di estorsione riguardava una residenza sanitaria privata), l’attenzione resta comunque massima. Al punto che diverse Asl pugliesi, informate dell’interdittiva, stanno verificando se esista una convenzione Consip per il lavanolo per poi valutare la rescissione del contratto con Lavit.

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