BARI - Due dei fratelli De Gennaro, Davide e Anna, finiscono a processo per l’intricata vicenda relativa all’ampliamento dell’Interporto regionale di Bari Lamasinata, al quartiere San Paolo. Per loro e per gli altri tre imputati (l’altro fratello Emanuele, suo figlio Giuseppe e Crescenzia Di Carlo, ex amministratrice di una delle società di famiglia) l’accusa di riciclaggio è stata ritenuta insussistente, perché al più - secondo il gup Antonella Cafagna - avrebbero dovuto rispondere di una fattispecie di autoriciclaggio che, tuttavia, nel 2012 ancora non era previsto come reato.
Sono le motivazioni della sentenza di proscioglimento a chiarire la questione di cui, in parte, dovrà occuparsi il Tribunale di Bari a partire dal 4 luglio. I fatti risalgono a più di dieci anni fa e riguardano il presunto conseguimento indebito di erogazioni pubbliche per l’ampliamento dell’Interporto. Un progetto da 180 milioni di euro, la metà dei quali finanziati con fondi regionali ed europei. Secondo l’accusa (rappresentata dai pm Ignazio Abbadessa e Savina Toscani) la Regione - costituita parte civile - sarebbe stata truffata perché gli amministratori della società avrebbero «falsamente garantito la copertura finanziaria della propria quota di investimento», pari a 90 milioni di euro. Non solo. Stando all’imputazione di truffa aggravata, gli amministratori avrebbero anche «attestato falsamente» fin dal 2009 «l’urgenza dell’ammissione provvisoria al finanziamento per consentire l’avvio dei lavori, indicando come “imminente” l’acquisto dei suoli necessari per la realizzazione del progetto - mai acquistati - e indicando spese per progettazione delle quali non forniva successivamente alcuna rendicontazione».
In questo modo, secondo la Procura, gli imprenditori avrebbero «indotto in errore la Regione Puglia e la Comunità Europea» ottenendo «un ingiusto profitto», cioè i 9 milioni di anticipazione sul finanziamento (la restante parte mai erogata perché la Regione revocò il finanziamento nel 2016) e un corrispondente danno non soltanto economico, ma anche per la mancata esecuzione dell’opera «da considerarsi di interesse strategico per il territorio regionale pugliese».
Di questo presunto raggiro risponderà solo Davide Degennaro con le accuse di truffa aggravata, malversazione ai danni dello Stato e falso in bilancio. Il fratello Emanuele è stato invece prosciolto perché, scrive nella sentenza la gup Cafagna, «non può dirsi controverso che la legale rappresentanza della società Interporto Regionale della Puglia - al momento del perfezionamento del reato di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, della scadenza del termine ultimo per la destinazione delle somme ottenute a titolo di anticipazione sulla contribuzione finanziaria pubblica e della presentazione dei bilanci di esercizio relativi agli anni 2014 e 2015 non corrispondenti al vero - appartenesse ormai esclusivamente a Davide Degennaro, e non più al fratello, cessato dalla carica di amministratore il 22 luglio 2011».
La sorella Anna, invece, sarà processata per riciclaggio, per aver disposto un bonifico con falsa causale e aver ottenuto l’emissione di assegni circolari per complessivi 45mila euro nello stesso giorno in cui - 29 maggio 2012 - avrebbe ricevuto sul proprio conto corrente denaro a sua volta ritenuto frutto di riciclaggio.