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Studenti sotto stress, la storia di Serena «Da una sconfitta ho scoperto la gioia di vivere»

 
Gianpaolo Balsamo

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Gianpaolo Balsamo

Studenti sotto stress, la storia di Serena «Da una sconfitta ho scoperto la gioia di vivere»

A Bari esperti a confronto in un convegno. Il rettore UniBa: non importa eccellere. Il prefetto: si può sbagliare ma si deve reagire

Sabato 13 Maggio 2023, 06:45

Apparire ad ogni costo, essere sempre i primi, mettersi in mostra, distinguersi dagli altri. Sembra essere il male più diffuso tra i giovani di oggi, quelli della cosiddetta «generazione Z» (nati tra il 1997 e il 2012,) che, schiacciati da pressioni e ansia da performance, oggi più che mai accusano forti sintomi di sconforto, ansia generalizzata e mancanza di visione di futuro. Colpa della pandemia, della guerra più vicina o del lavoro che manca? In parte ma non solo.
Probabilmente anche il mondo degli adulti non riesce più ad accoglierli così come sono o come vorrebbero essere ma si aspetta da loro rendimenti eccellenti, performanti, anche a suon di certificazioni, master e studi all’estero. La fatica mentale dei ragazzi, ancora studenti oppure che si affacciano per la prima volta sul mondo del lavoro, è alle stelle ma non viene intercettata, ascoltata, accolta e instradata verso il loro futuro.
«Li stiamo sfiancando e sono sfiduciati», tuona il rettore dell'Università degli Studi di Bari «Aldo Moro», Stefano Bronzini, che ieri ha aperto il convegno-dibattito «L’insostenibile leggerezza dell’eccellere - Siamo persone o carriere?» organizzato presso il Dipartimento Economia, Management e Diritto dell'Impresa dalla stessa UniBa, l’Arcidiocesi di Bari-Bitonto insieme all’Unione cattolica stampa Italia (Ucsi) della Puglia, rappresentata salla presidente regionale Michela Di Trani.
«Seguite il vostro sentire, ascoltate i vostri bisogni e non scegliete mai in base ai parametri o alle aspettative degli altri. Non abbiate paura di mostrarvi vulnerabili e di sbagliare perché avrete il tempo e la possibilità di rimediare agli errori. Siate entusiasti e orgogliosi dei vostri progetti», ha aggiunto il rettore Bronzini che, nel corso del suo intervento, oltre che evidenziare la centralità della persona sulle carriere, ha ribadito la sua idea di mettere intorno a un tavolo tutte le università pubbliche della Puglia per trasformarle in una federazione in grado di svilupparsi attraverso poli di ricerca sui singoli territori.
Anche il prefetto di Bari, Antonia Bellomo, cosi come il vicario generale dell’Arcidiocesi, don Enrico D’abbicco e don Francesco Misceo, delegato per la Pastorale universitaria, hanno offerto la loro testimonizianza, invitando i giovani studenti presenti a «perseguire i propri sogni con coraggio e determinazione e a vivere appieno l'esperienza universitaria».
«La persona è molto più preziosa del suo lavoro», hanno detto e, dunque, «non fatevi del male da soli».
«Si può anche sbagliare ma bisogna avere la forza di reagire», ha aggiunto il direttore del Dipartimento di Economia, Management e Diritto dell'Impresa, Giovanni Lagioia. Erano presenti anche Paola Perchinunno, docente di Statistica e i prof. Antonella Massari, Samuela L'Abbate e Gianfranco Baldassarre.
Non è mancato, a conclusione dell’incontro, un riferimento al tema dei suicidi nelle università italiane che è entrato con forza nel dibattito pubblico negli ultimi anni a causa di un aumento significativo e preoccupante di episodi in cui giovani studenti si sono tolti la vita spinti in ultima istanza da un profondo senso di malessere collegato al percorso di studi e più in generale rispetto alle proprie prospettive future. A tal riguardo è stato ricordato come presso l’UniBa è operativo il servizio «counseling» per rispondere alle esigenze delle studentesse e degli studenti, dei dottorandi e delle dottorande dell’Università di Bari di avere uno spazio di ascolto e confronto con professionisti esperti sulle difficoltà della vita universitaria e sulle strategie per fronteggiarle.
«L’accettazione di se stessi rappresenta una condizione fondamentale per il proprio benessere che, tuttavia, non è affatto facile da raggiungere. Imparare a pensare in modo costruttivo mettendo da parte le delusioni vissute nel passato e le ansie legate al futuro risulta non sempre semplice. Tuttavia - ha concluso il rettore Bronzini - concentrarsi sul presente nel tentativo di migliorare la situazione attuale può rivelarsi un’attività utile e produttiva».

LA STORIA DI SERENA

Da qualche mese ha costituito, insieme ad altri amici, l’associazione di promozione sociale «Univox» per creare una rete di solidarietà, empatia e ascolto e permettere a tutti di esprimersi, di sentirsi accolti e non giudicati. A promuovere questa realtà di volontariato che ormai si è estesa in tutta Italia e che riunisce volontari, psicologi, medici e insegnanti, è stata Serena De Sandi, giovane studentessa barese e attuale presidente presidente dell’associazione. Particolarmente toccante è stata la sua testimonianza ieri nell’ambito del convegno «Siamo persone o carriere?».

Serena, nonostante la giovanissima età, ha riscoperto la vita, dopo un tentato suicidio. «Di fronte ad una bocciatura che è stata preannunciata dalla frase “Signorina, per me è una vergogna avere una studentessa come lei al mio appello”, avevo preso una decisione. Mi ero convinta di non essere adatta», racconta la studentessa. «Avevo mentito ai miei genitori diverse volte sul fatto che avevo sostenuto gli esami avendo anche ottimi risultati, esami che si sono verificati solo nei miei sogni, dopo lacrime di sofferenza perché esami del genere potevano solo restare nei miei sogni».

Serena parla davanti ad una platea in silenzio con la voce rotta dall'emozione: «Non sarei mai stata in grado, credevo, di essere come “loro” volevano. Ricordo che quella sera mi chiusi nella mia stanza a Bologna. Ero serena, avevo capito che non ero idonea, avevo fatto pace con me stessa. Avevo programmato l’invio di tre mail ai miei affetti più cari in cui mi scusavo di quello che stavo per fare. Dissi loro che li amavo e che in quel momento ero davvero felice». Parla ai giovani come fosse la loro «sorellina» più grande. «Perché sì, quando prendi una decisione di questo tipo, benché si dica, hai raggiunto la pace con te stesso, almeno è quello che è successo a me. Per ultimo, ho scritto alla mia psicologa che mi aveva in cura: “Dottoressa, grazie per tutto quello che ha fatto per me. Forse è stata l’unica persona a comprendermi a pieno e a non giudicarmi, a non lasciarmi sola, a rispettarmi”. Lei quella sera è restata con me, dalle 20 alle 24.30, mentre io ero seduta sul davanzale della mia finestra. Le ho chiesto delle ragioni per restare in vita. Lei mi ha risposto il sole, il mare, i fiori, l’amore, la natura. Cose che io amo follemente, ma in quel momento mi sembravano quasi stupide. Inutili. Poi tolsi il telefono, per me era arrivato il momento».

Il fallimento pesava quanto un elefante sulla schiena. «Chiusi gli occhi, e poi un’ultima notifica: “Resta con me. So che hai il potere dentro di te. Ce la dobbiamo fare”. Sembra stupido, ma quel “ce la dobbiamo fare” mi ha fermato. Poteva dirmi “ce la puoi fare”. Invece no, mi ha detto “ce la dobbiamo fare”. Sono rientrata, le ho scritto che avevo la finestra. Le ho chiesto di non andarsene. E lei mi rispose “Io sono qui”».

Serena ora racconta la sua esperienza: «Non mi vergogno. Grazie a quell’sms in me è tornata a trionfare la vita. La vita c’è sempre, in ogni respiro, in ogni lacrima, in ogni paura, in ogni gioia. Finchè c’è speranza, c’è vita. Non perdetela mai. C’è sempre un’alternativa». 

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