Viceministro Francesco Paolo Sisto, quali le ragioni che animano la riforma della Giustizia?
«La tutela del cittadino: questo il pilastro che sorregge la riforma costituzionale attualmente in discussione alla Camera. Stabilire che il giudice sia posto alla stessa distanza dall'accusa e dalla difesa, separarlo dal pubblico ministero come dal difensore, significa dare attuazione ai requisiti di terzietà e imparzialità che la Costituzione riconosce come propri, solo e soltanto, dei giudici. Con la riforma si disegna una figura, semplice ed essenziale, di geometria costituzionale: un triangolo isoscele sulla cui cima c’è chi giudica; alla base esattamente alla stessa distanza dal giudice, le parti, accusa e difesa, in condizione di reciproca parità, come descritto mirabilmente dal testo dell’art.111 della Costituzione».
Le toghe protestano.
«Sia chiaro una volta per tutte: è una riforma che non ha nessun intento punitivo nei confronti di chicchessia, ma cerca semplicemente di realizzare, nello spirito accusatorio del codice di rito penale, e al meglio, il giusto processo già previsto dalla Carta».
Come è andata l’interlocuzione con il mondo della magistratura e le associazioni di categoria?
«Non credo alle guerre di religione, comportano danni solo per i cittadini. Magistratura e politica hanno una straordinaria norma che ne regola i rapporti ed è l’art.101 della Costituzione: il Parlamento scrive le leggi e i giudici le applicano. Basterebbe rispettare questi canoni in modo che nessuno disturbi l’altro perché la divisione dei poteri possa avere carattere di armonica stereofonia. Le vibrate proteste della Associazione nazionale magistrati? Mi auguro che i toni tra Parlamento e Magistratura possano mantenersi nell’ambito di un garbato agonismo dei contenuti, evitando atteggiamenti poco consoni al rispetto delle istituzioni».
La separazione delle carriere è un caposaldo di Fi. Quali le resistenze registrate?
«La separazione delle carriere per noi è un evento naturale. Qualcuno sostiene che celerebbe lo scopo di porre il pubblico ministero sotto il potere esecutivo: si tratta di una notizia “falsa e tendenziosa ”. A riprova di tanto, nella riforma nessuno tocca l’autonomia e la indipendenza dei magistrati. Un’altra illusione ottica è quella che il pubblico ministero diventerebbe una sorta di super poliziotto. Il dato più rilevante invece è che con la separazione delle carriere è il giudice che prende peso e autonomia e si distacca nettamente dalle altre parti, esattamente come descrive l’art. 111 della Costituzione: le parti compaiono davanti ad un giudice terzo e imparziale».
Il nuovo Csm (doppio): non bisogna aver letto il libro di Palamara per rilevare delle degenerazioni correntizie. Come si selezioneranno dopo la riforma?
«Non sono contrario alle correnti se consentono di unire idee su determinati temi. La patologia è quando le correnti diventano veri e propri centri di potere all’interno del Consiglio Superiore, per svolgere attività, come abbiamo ahimè appreso, certamente non in linea con il corretto svolgimento dei compiti istituzionali. Debbo confessare di non essere favorevole al sorteggio: ma debbo altrettanto lealmente ribadire che appare oggi, dopo i tentativi inutili della riforma Cartabia, il solo sistema per poter provare a restituire al Consiglio Superiore quella indipendenza dalle correnti/cordate che è il presupposto perché un organo di rilevanza costituzionale, come il Csm è, possa funzionare correttamente nell’interesse di una giustizia davvero giusta».
In autunno saranno completati i lavori nelle Camere. Poi ci sarà la partita referendaria…
«Ho definito il referendum auspicabile perché questa è un’altra delle ragioni per cui non comprendo le preoccupazioni dell’Anm. Non sarà il Parlamento, con ogni probabilità, a decidere se questa diventerà una riforma costituzionale o meno, ma sarà il popolo. Ed alla fine chi deciderà se la riforma diventerà realtà saranno gli stessi elettori che ci hanno consentito oggi di essere al governo».
L’interlocutore inatteso che ha compreso l’importanza di non dividere l’Italia sulla Giustizia?
«Gli incontri sulla separazione delle carriere sono stati tanti e con il presidente Santalucia, raffinato giurista, dividiamo spesso il palco, devo dire sempre con toni misurati e assai civili. Recentemente , in una di queste occasioni, al termine di un dibattito più acceso del solito, uscendo dalla sala fui fermato da un distinto signore che mi disse: “Senta io sono il procuratore della repubblica di…, sono contrario alla separazione delle carriere, ma è la prima volta che ho ascoltato delle ragioni e delle obiezioni tecniche che indubbiamente mi inducono a riflettere. Grazie”. Debbo dire che un complimento così mi lascia ben sperare sulla possibilità che questa riforma costituzionale possa essere, se la ragionevolezza prevarrà, addirittura motivo di riappacificazione e comunque di progresso per il Paese».