TARANTO - Quella che si apre oggi è una settimana cruciale per l’ex Ilva di Taranto. Martedì in Senato, davanti alla Commissione Industria, infatti, sono stati convocati i sindacati e le associazioni datoriali del territorio. L’audizione rientra nel percorso di conversione del decreto che dovrebbe portare all’amministrazione straordinaria della fabbrica di Taranto. Ad aver ricevuto la convocazione per la mattina sono state l’Associazione Indotto AdI e General Industries (Aigi), Confindustria Taranto, Cgil, Cisl, Uil, Usb e Usb Taranto, i commissari straordinari Ilva, il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano e il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. Le audizioni sul decreto Ilva proseguiranno anche in serata. Alle 20 sono convocate Cna e Cna Taranto, Casartigiani e Casartigiani Puglia, Confartigianato, Confartigianato Taranto e Confartigianato Puglia, Confapi e Confapi Taranto e infine Confimi Industria.
Acciaierie d’Italia non ha risposto alla richiesta di ispezione urgente degli impianti dello stabilimento siderurgico ex Ilva formulata venerdì scorso dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria del complesso aziendale ma nelle prossime le cose potrebbero cambiare. AdI ha 5 giorni di tempo per garantire l’accesso ma la situazione sta precipitando tanto da essere seguita con grande attenzione dalla Procura di Taranto - la fabbrica è pur sempre sotto sequestro - e dunque il silenzio di Acciaierie d’Italia non sembra idoneo a reggere l’urto di una azione giudiziaria.
Oggi, intanto, è il giorno della protesta. Una manifestazione voluta e condivisa sia dai sindacati che dalle associazioni datoriali per evidenziare la situazione di emergenza che vivono le imprese e di conseguenza, i lavoratori dell’indotto dell’acciaieria. «In questi anni abbiamo denunciato la situazione, ma il nostro allarme non è stato accolto né dal socio privato, né da quello pubblico», dice amareggiato il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella.
«Il nostro obiettivo è la tutela del lavoro. È ancora possibile produrre acciaio, senza inquinare e senza creare problemi alla salute, ma soprattutto un acciaio in grado di mettere in sicurezza l’economia nazionale e l’economia locale. La nostra mission prioritaria resta quella della salvaguardia dei posti di lavoro. Oggi noi dobbiamo fare in modo che le scelte che compirà il Governo non distruggano quel poco che è rimasto dopo le scelte che ha fatto la la parte privata che invece rischiano di portare all’annientamento dello stabilimento, cioè alla sua fermata. Perché quando si fermano tutti gli altoforni, come pare stia facendo Mittal - spiega Palombella -, si rischia veramente una catastrofe produttiva e sociale e noi questo lo dobbiamo evitare ad ogni costo. Noi vogliamo che ci sia subito, immediatamente una presa di posizione da parte del Governo nei confronti dell’acciaieria di Taranto. L’amministrazione straordinaria può essere ancora scongiurata, a condizione che Mittal rimuova l’amministratore delegato colpevole della gestione fallimentare di questi anni e resti con una quota di minoranza in vista della sua uscita di scena, lasciando allo Stato la possibilità di poter gestire lo stabilimento. Le amministrazioni straordinarie sono sempre dannose e Taranto ha già provato sulla sua pelle quello che vuol dire».
«Martedì in Senato - dice ancora Palombella -, noi diremo che il decreto deve contenere la possibilità di utilizzare immediatamente risorse per salvare l'indotto e quei fornitori che in questo momento rischiano una condizione fallimentare. Diremo anche che dobbiamo immediatamente liberare lo stabilimento da chi lo sta portando alla chiusura, a una inesorabile eutanasia fatta con la complicità di un di un'amministrazione che in questi anni ha fatto solo danni e che ha gestito lo stabilimento danneggiando la città e i lavoratori. Chiederemo alla Commissione di salvaguardare i livelli occupazionali delle imprese, di rilanciare la produzione e di sbloccare i 320 milioni di euro immediatamente per poter pagare i fornitori. Ma soprattutto chiederemo - conclude il segretario della Uilm -, che si scongiuri la fermata dell’altoforno 4, l’unico in grado di garantire la continuità produttiva. Se si ferma quello, è finita, è finita per tutti».
FIM: OLTRE 6MILA LAVORATORI IN CORTEO
«Oltre 6mila lavoratori dell’ex Ilva stanno sfilando da questa mattina intorno al perimetro dello stabilimento di Taranto. In corteo ci sono i lavoratori diretti, in cassa integrazione e del mondo degli appalti. La massiccia adesione alla mobilitazione rappresenta un segnale importante che arriva al governo». Lo afferma il segretario nazionale Fim Valerio D’Ala, responsabile Siderurgia, in merito alla manifestazione unitaria davanti all’ex Ilva a cui partecipano lavoratori, sindacati e imprenditori.
«I passi che si faranno per salvare l’ex Ilva - aggiunge il sindacalista - dovranno tenere in debita considerazione e tutelare tutti lavoratori diretti e delle imprese, sia come ammortizzatori sociali, sia come tutela delle imprese stesse che devono essere aiutate nel poter traguardare una seconda eventuale insinuazione al passivo qualora il percorso sarà quello dell’amministrazione straordinaria. Bisognerà fare presto e bene - conclude D’Alò - per risolvere tutti i nodi che tengono bloccato il rilancio di tutti i siti del gruppo ex Ilva, non solo di Taranto ma di tutto il Paese».
IL CORO: MITTAL VIA DA TARANTO
Al grido «Morselli e Mittal via da Taranto» operai, sindacati e imprenditori stanno sfilando attorno al perimetro dello stabilimento ex Ilva di Taranto per chiedere al governo di estromettere la multinazionale dalla compagine societaria di Acciaierie d’Italia e assumere il controllo dello stabilimento. ArcelorMittal detiene il 62% delle quote, mentre lnvitalia è in minoranza con il 38%. Tra i soci non c'è accordo sulla ricapitalizzazione e l’acquisto degli asset e diventa sempre più probabile il ricorso all’amministrazione straordinaria. La mobilitazione è organizzata dalle sigle metalmeccaniche, che denunciano il progressivo spegnimento degli impianti. I manifestanti chiedono a «Meloni di cacciare via i franco-indiani. L’amministratore delegato Lucia Morselli - sostengono - sta portando lo stabilimento alla chiusura. ArcelorMittal è pregata di andare via immediatamente».
Il corteo si snoda attorno alla fabbrica con in testa operai e sindacati che mostrano bandiere e striscioni, scandendo slogan contro la multinazionale e lanciando appelli al governo. A seguire la colonna di tir degli autotrasportatori che, al pari delle altre ditte dell’indotto, chiedono il ristoro delle fatture scadute, temendo di perdere i propri crediti con la messa in amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia.