Professor Aldo Loiodice, quale decano tra i professori di diritto costituzionale, per la sua lunga carriera scientifica ed accademica, certamente si sarà fatto un’idea di questa riforma della giustizia.
«Prima di riferire il mio specifico pensiero quale costituzionalista, si deve considerare che, su questo tema, è necessario avere chiara l’idea del ruolo del cittadino che va a votare nel referendum costituzionale; non è il referendum abrogativo delle leggi; non è demolitorio, ma costitutivo. Si tratta di far diventare legge costituzionale un testo approvato, con una maggioranza che non ha poteri costituenti. Questa riforma è stata approvata, infatti, con in voto favorevole della maggioranza del Parlamento. L’opinione dell’elettore costituente, in questo tipo di referendum, deve essere lontana da ogni contrapposizione politica di tipo maggioritario, perché riguarda il futuro dell’intera nazione e non può essere condizionata da vicende contingenti. Il cittadino elettore nel referendum costituzionale (per il potere di modifica della Costituzione) è parificato pro quota al componente dell’Assemblea costituente perché si assume la responsabilità della vita costituzionale futura. Seguendo questa impostazione, il risentimento personale o la rivalsa sugli abusi che possono essere avvenuti, o le erronee posizioni, non hanno alcun rilievo».
In che senso non hanno rilievo? Perché, forse, non si sta svolgendo una battaglia politica tra maggioranza ed opposizione?
«Non hanno rilievo per chi conosce un minimo di diritto costituzionale; è agevole capire che il tema di questo referendum appartiene all’indirizzo politico costituzionale, non all’indirizzo politico di maggioranza. Il primo indirizzo è di competenza del corpo elettorale, dell’Assemblea costituente e del Parlamento con i due terzi e del Presidente della Repubblica, il secondo indirizzo appartiene al Governo che, con la sua maggioranza, gestisce lo Stato, programma le leggi ed il futuro del paese immediato e meno immediato. La posizione politica del Governo non può condizionare per un tempo indeterminato la vita costituzionale del paese; ciò è tanto vero che il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non ha preso posizione sul si o sul no; correttamente, ha dichiarato, infatti, che il Governo ha fatto la sua parte come contenuto programmatico, ma la decisione costituzionale, non essendo stata presa dai due terzi del Parlamento, deve necessariamente essere rimessa alla libera scelta dei cittadini quali elettori con poteri costituzionali. Creare, in questo momento referendario, una contrapposizione di tipo politico partitico, maggioranza/minoranza, è un danno enorme al nostro Paese. Non si può seguire l’erroneo percorso dell’autonomia differenziata nella quale si poneva un’analoga contrapposizione; la Corte Costituzionale, infatti, ha cancellato la legge che premia le regioni del nord; con tale sentenza, non ha vinto la maggioranza o l’opposizione, ha vinto l’Italia; anche questa volta deve vincere l’Italia. Si ripete, in questo momento, una contrapposizione fra maggioranza e minoranza che rischia di non essere né opportuna, né corretta. Ogni cittadino ha il dovere di rendersi conto di cosa comporti una riforma costituzionale, la quale non si limita soltanto ad occuparsi dei pubblici ministeri, dei quali si parla da varie parti, ma che è tutt’altra cosa».
Non si riesce a comprendere in che senso sarebbe tutt’altra cosa.
«Voglio chiarire che il principio della separazione dei poteri non viene leso dalla separazione tra le carriere che, di fatto, peraltro, esiste già; la carriera di magistrato inquisitore distinta da quella di magistrato giudicante già esiste nei fatti. Viene leso, invece, dall’influenza della politica, anche in via occulta, sul funzionamento reale della giustizia e del suo governo. Fino ad oggi, nel Consiglio Superiore della Magistratura, vi è un numero limitato di politici, che non può diventare maggioranza. Il Ministero della Giustizia (politico) può avviare l’azione disciplinare ma il Consiglio Superiore di oggi, non può essere in alcun modo influenzato pesantemente (in maniera determinante) dalla presenza di pochi politici. Tale disegno costituzionale, oggi ancora vigente, è una garanzia per la separazione dei poteri; modificare tale equilibrio nei nuovi Consigli Superiori, è una rottura costituzionale se non un’invasione di campo».
Cosa intende dire?
«Voglio dire che, nella riforma costituzionale all’esame del popolo, gli articoli sulla composizione dei due Consigli Superiori e dell’Alta Corte Disciplinare, non corrisponde al principio dell’irrilevanza del politico rispetto alla magistratura, violando un principio fondamentale. Vi è nella riforma una pesantezza di presenza del politico, testimoniata dalla nuova disposizione che prevede la composizione dei Consigli Superiori e dell’Alta Corte Disciplinare, nella misura del 50% con i componenti politici; questa è una grave frattura all’equilibrio costituzionale. Non è ammissibile che questa norma governi l’Italia a tempo indeterminato. I politici potranno essere moralmente corretti, ma devono rimanere nel loro ambito di competenza; ma se saranno scorretti o inaffidabili, che succederà nella nostra giustizia? Se ne può parlare ancora; l’importante è pensarci per tempo».















