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Potenza, «Io, in carcere da innocente, costretto ad addossarmi ogni colpa»

 
Massimo Brancati

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Massimo Brancati

Bari, ogni giorno rubate 19 auto: seconda solo alla Bat

E dopo la denuncia spunta un’indagine in Campania sulle stesse auto rubate ma con altri responsabili. «Perché non ne hanno tenuto conto?»

Martedì 07 Novembre 2023, 12:59

POTENZA - Lo arrestano con l’accusa di riciclaggio di automobili rubate. Si professa innocente, invia una memoria difensiva dettagliata al Pm, indicando anche i presunti responsabili, ma mentre si trova in carcere viene picchiato da quattro detenuti che lo minacciano chiedendogli di addossarsi, durante il successivo processo, tutte le colpe. Nel frattempo scopre dell’esistenza di un’inchiesta parallela della Procura di Vallo della Lucania che si occupa delle stesse auto rubate (le targhe sono identiche). Il fascicolo giudiziario cita come responsabili i nomi che lui aveva scritto nel dossier consegnato al Pm. Particolare non di poco conto: non figura tra gli indagati.

È in estrema sintesi la storia di D. G. di Potenza, vittima, a suo dire, di un errore giudiziario e di un’inchiesta condotta in maniera, per usare un eufemismo, superficiale. Al punto da chiedere l’intervento del tribunale di Catanzaro, competente territorialmente su questioni che riguardano il palazzo di giustizia di Potenza.

La vicenda risale al 30 aprile 2021 quando, nell’ambito di un’operazione della Polizia stradale di Potenza, G. finisce in manette e viene trasferito nella casa circondariale di Poggioreale. Al primo interrogatorio in videoconferenza con il Gip di Potenza, l’uomo ribadisce la sua innocenza e indica i nomi di chi, secondo il suo racconto, erano i veri autori del reato contestato.

Generalità e circostanze che G. scrive in una missiva inviata al Pm Borriello, dando la sua piena disponibilità a collaborare per chiarire i contorni della vicenda. Lettera di cui il Pm, nell’udienza del 12 gennaio 2022, avrebbe chiesto l’acquisizione agli atti. A pochi giorni di distanza da quell’udienza, secondo il racconto dell’imputato inviato alla Procura di Catanzaro, nell’ora d’aria a Poggioreale G. viene avvicinato da quattro sconosciuti che «con ripetute percosse tra calci e pugni, approfittando del caos di gente nelle scale tra un piano e l’altro» gli dicono di assumersi tutte le responsabilità della vicenda nella successiva udienza del processo. Altrimenti lo avrebbero picchiato ogni giorno («riferendomi - scrive G. - che gli amici di Bosco non scherzano»).

Il 7 febbraio 2022 l’uomo torna in tribunale per il processo e, per preservare la sua incolumità e quella dei suoi familiari, cambia la versione dei fatti fino a quel momento sostenuta e si addossa le colpe dell’accaduto chiedendo di essere trasferito da Poggioreale. Di qui la condanna (sentenza del 6 giugno 2022) a cinque anni e dieci mesi di reclusione. Il 4 aprile 2023 G. riceve un plico postale contenente un fascicolo della Procura di Vallo della Lucania relativo al riciclaggio di autovetture.

Tra i documenti c’è anche una lettera minatoria nei suoi confronti e del padre con l’esplicita richiesta di assumersi le responsabilità della vicenda a cui fa riferimento il fascicolo. L’inchiesta in questione riporta gli stessi numeri di targhe e di telaio delle auto rubate al centro delle indagini che lo hanno visto condannare.

«Oltre a non vedermi imputato - scrive G. - si racconta una versione totalmente diversa dei fatti che mi vengono contestati a Potenza». Emergono, tra l’altro, atti e decreti di sequestro con i nomi indicati da G. come reali responsabili del giro di auto rubate. Ma di tutto questo non c’è traccia negli atti di indagine di Potenza. Assenza che, secondo G., avrebbe indotto il tribunale di Potenza ad una valutazione completamente diversa dei fatti, così da attribuirgli tutte le accuse. Di qui la decisione di chiedere l’intervento della Procura di Catanzaro per fare luce sulle dinamiche investigative portate avanti nel capoluogo lucano.

«Ad oggi - si legge nella missiva inviata ai magistrati calabresi - non si comprende perché la Polstrada abbia trattenuto questi atti d’indagine per se stessa senza depositarli nel fascicolo che mi vede imputato». G. rincara la dose evidenziando che nel fascicolo campano si evince - tra quelle che chiama «anomalie investigative» - come il numero di telefono attribuitogli nell’ambito delle indagini di Potenza sia in uso a una persona da lui citata tra i reali responsabili.

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