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Melfi, chiesto processo per otto medici per la morte di bimba di 14 mesi

 
Giovanni Rivelli

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Giovanni Rivelli

Secondo l'accusa una serie di ritardi e mancanze nel soccorso della piccola avrebbe tolto ogni possibilità di salvezza

Mercoledì 04 Marzo 2020, 12:05

21:38

Una serie di ritardi e di omissioni che avrebbe tolto a una bambina di 14 mesi ogni possibilità di essere salvata rispetto alla pur grave patologia che era insorta. Sono le circostanze che hanno Portato la Procura di Potenza a chiedere il giudizio (l’udienza preliminare fissata per ieri è stata aggiornata al 28 aprile) per 8 medici, sette in servizio presso l’ospedale San Giovanni di Dio di Melfi e uno presso il «118» con l’accusa di cooperazione in omicidio colposo per la morte della piccola Alessia (i cui familiari sono oggi costituiti in giudizio con l’avvocato Giustino Donofrio) deceduta a seguito di uno shock irreversibile dovuto a miocardite acuta linfocitaria.

Gli imputati sono, il medico del 118 Libero Mileti (difeso dall’avv. Giuseppe Cristiani) e, quanto ai sanitari in servizio a Melfi, il medico del pronto soccorso Luigi De Nicola (avv. Antonietta Galgano) la pediatra (Antonietta Pietrafesa (avv. Giuseppe Eugenio Minervini) l’anestesista Gaetanina Annamaria Mastronardi (avv. Antonio De Marco) l’anestesista Giuseppe Griesi (avv. Pasquale Lancellotti), l’anestesista Maria Pastore (avv. Luigi Spera) il medico di Pronto soccorso Francesca Letterio (avv. Anna Rita Barattolini) e la pediatra Maria Tagliente (avv. Rocco Mangiamele).

La tragedia si consumò in poche ore il 29 luglio 2018. La bambina iniziò a rifiutare il cibo poi a respirare affannosamente e la terapia di cortisone indicata dalla pediatra di libera scelta pensando a un’affezione delle vie respiratore non diede risultati. Fu così che alle 17.34 la piccola arrivò in pronto soccorso. Ma qui, stando alla perizia fatta dai consulenti del Pm Anna Gloria Piccininni, si sarebbero verificate «plurime significative inappropriatezze ed incongruità comportamentali, di impostazione clinica e di approccio terapeutico».

Non sarebbe stata fatta una corretta diagnosi né gli accertamenti necessari, si sarebbe tardato nel trasferire la piccola paziente a Potenza (necessario anche per l’assenza di alcuni apparati a Melfi), non si sarebbe da subito attivata l’eliambulanza e, addirittura, l’ambulanza (chiesta del tipo senza medico a bordo) partita per l’ospedale del capoluogo a un certo punto sarebbe stata fatta tornare indietro (contro le indicazioni dello stesso «118») per attendere l’elicottero, aumentando sensibilmente il tempo del trasporto. Per non dire che la piccola, inquadrata come caso da «codice rosso», sul mezzo aereo sarebbe stata declassata a «codice verde» per tornare poi ad essere un «codice rosso» all’arrivo a Potenza, dove i sanitari, spiegano i consulenti, hanno agito correttamente ma la situazione era disperata.

Gli stessi consulenti evidenziano anche che, in ogni caso, non è detto che la piccola si sarebbe salvata, avendo a patologia che l’ha interessata, una mortalità del 57% (dati contestati dai familiari della famiglia, secondo cui i casi presi in insorgenza, quale poteva essere quello della piccola Alessia, hanno indici di sopravvivenza dell’80%) ma giudicano evidente che «una più corretta ed accurata gestione clinica della piccola paziente (....) avrebbe permesso di individuare la sofferenza cardiaca che indubbiamente era già presente».

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