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Franco Giuliano

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Franco Giuliano

Lunedì 10 Ottobre 2016, 19:29

Gli esiti recenti di alcuni procedimenti penali concernenti imputati “ eccellenti “, tanto in ambito nazionale,

che locale, hanno per un verso destato sconcerto nell’ opinione pubblica, per altro suscitato un vivace

dibattito nel mondo della politica e delle istituzioni circa il ruolo dei pubblici ministeri.

Sono infatti intervenute sentenze di primo grado di assoluzione dopo che, clamorosamente, personalità di

primo piano della politica o delle istituzioni erano state oggetto di indagini, sino al punto di dover lasciare i

loro incarichi.

Nella confusione generale può forse risultare utile il contributo di chi, come lo scrivente, dirige un ufficio di

procura tra i più oberati ed impegnati del Paese, allo scopo di chiarire alcuni principi cardine del sistema

giustizia, orientando così la pubblica opinione in una lettura degli eventi che prescinda da interessate

strumentalizzazioni.

Credo non sia inutile ricordare preliminarmente quale il ruolo assegnato dalla legge al processo. Si tratta di

una verifica dell’ ipotesi di accusa ad opera di un giudice terzo, imparziale ed indipendente, al quale il

pubblico ministero ha il dovere di sottoporre elementi contrari, ma anche favorevoli all’ imputato. Se un

processo si celebra è perché nel contraddittorio tra le parti e con l’ imprescindibile, sacrosanto contributo

delle difese, si pervenga ad una decisione, che può essere di condanna, ma anche, non meno

fisiologicamente, di assoluzione. Questo è il modello di processo disegnato dalle regole vigenti nelle società

democratiche. Questo è ciò che la nostra Costituzione e la Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo

pretendono. Diversamente, se fossero sufficienti a sancire la responsabilità le sole indagini del pubblico

ministero o la gogna mediatica, il processo non avrebbe alcun significato, riducendosi ad una mera ratifica

dell’ operato di una sola delle parti: quella pubblica.

La premessa dovrebbe far comprendere come le assoluzioni, eccellente o meno che sia il rango dell’

imputato, non possano/non debbano suscitare scandalo. Scandalosi, piuttosto, sono i tempi con i quali si

perviene alle sentenze ( e qui mi riferisco particolarmente a quanto si verifica a Bari ), ammesso che a

sentenza nel merito e non a dichiarazioni di prescrizioni si giunga, dopo anni da quando le indagini sono

state avviate, sovente con risonanza mediatica importante.

Il problema vero è dunque altro e, per restare sul terreno della realtà locale, induce le considerazioni che

più volte sono state da me e dagli altri capi degli uffici giudiziari rappresentate.

La procura barese iscrive annualmente in totale oltre cinquantamila procedimenti penali ( si ricordi che ha

anche competenza distrettuale per reati di particolare gravità, forieri di indagini complesse, soprattutto in

terra di Capitanata ) ed è impegnata assai attivamente nel contrasto alla criminalità organizzata. Con esiti

giudicati per lo più positivamente. Tanto, che se purtroppo oggi sparano i minorenni è perché, grazie anche

all’ impegno delle forze di polizia, i boss ed i loro adepti sono quasi tutti ristretti in carcere.

A fronteggiare l’ emergenza vi è una squadra di magistrati e personale amministrativo quotidianamente

impegnata in un superlavoro che ha consentito di portare a giudizio imputati in poco più di un anno,

mentre funziona a pieno regime il pool “ pronta definizione affari semplici “ di recente istituzione.

Continuano a pesare tuttavia i vecchi procedimenti ereditati dal passato.

L’ impegno - massimo - di ciascuno a livello locale si scontra tuttavia con il disimpegno del governo centrale.

L’ organico dei magistrati proprio per la consistenza del carico di processi è stato nel tempo aumentato ( da

ventisette unità nel 2003 a trentasette nel prossimo anno, con l’ aggiunta di sessantasei vice procuratori

onorari ) ma, paradossalmente, quello del personale è sceso, nel medesimo arco temporale, da

centoquarantanove a centotrentatrè ( peraltro solo parzialmente coperto ) per effetto di una serie di

decreti ministeriali risultati assai ingiustificatamente penalizzanti. La procura di Bari è oggi sinanche priva di

un dirigente amministrativo, pur risultando tra le prime sei, sette in Italia per dimensioni. Nè si intravedono

concrete ed efficaci iniziative governative per il ripristino delle novemila unità di personale amministrativo

mancanti nel Paese, mentre da venti anni non venivano banditi concorsi per l’ assunzione di un numero

adeguato di giovani, soltanto di recente essendosene varato uno per un numero assai limitato di posti. Il

risultato è che il lavoro celermente smaltito dai magistrati si blocca sulle scrivanie in gran parte vuote dei

nostri collaboratori. Non viene ottemperato, dunque, il disposto dell’ articolo 110 della Costituzione, che

assegna al ministro della giustizia l’ organizzazione ed il funzionamento dei servizi della giustizia. Si

delegano anzi ai capi di Corte compiti di squisita competenza ministeriale, per la stipulazione di contratti ed

altre incombenze tipicamente amministrative, così distraendoli dalle funzioni istituzionali proprie.

Ma così ancora non si è detto tutto.

Per restare sul terreno esclusivamente locale, va evidenziata l’ enorme sproporzione esistente tra l’

organico dei magistrati di procura e quelli della magistratura giudicante ( e relativi servizi di cancelleria ). L’

“ imbuto “ che si crea dopo il rinvio a giudizio impedisce la celere definizione dei processi in quella che

dovrebbe essere la sede propria, dinanzi ai giudici, in tempi celeri, come prescrive la Carta costituzionale.

Né può celebrarsi maggior numero di processi, perché mancano le aule d’ udienza ( ma quello dell’ edilizia

giudiziaria da terzo mondo a Bari è altro tema che qui solo si sfiora! ) e non ci sono fondi per retribuire gli

assistenti d’ udienza per gli straordinari ( l’ orario normale di lavoro si esaurisce alle ore 14,00 ).

Il tema dell’ urgenza di un intervento governativo volto a ripianare i vuoti negli organici del personale

amministrativo è stato oggetto di una riunione del comitato direttivo dell’ associazione dei magistrati,

estesa alla partecipazione dei capi degli uffici giudiziari, tenutasi presso la Corte di cassazione il primo

ottobre. Essa ha visto i capi di uffici grandi e piccoli tutti ugualmente dolersi per le gravissime difficoltà che

li vedono costretti ormai a tagliare servizi ai cittadini. Per parte mia ho evidenziato che lo sparuto numero

di impiegati della nostra procura è destinato nei prossimi diciotto-ventiquattro mesi a ridursi ancora di ben

ventiquattro unità, che saranno poste in quiescenza. Ho anche pubblicamente ringraziato il Consiglio dell’

Ordine degli Avvocati di Bari che ci ha messo a disposizione alcuni impiegati, da noi utilizzati nei settori di

attività per i quali non vige il segreto investigativo.

Ai lavori romani, risultati di drammatico rilievo per la rappresentazione unanime delle conseguenze gravi

determinate dalle diffuse carenze di personale amministrativo, hanno assistito integralmente, e fino al

pomeriggio, inviati delle maggiori testate giornalistiche e delle televisioni.

Amarissimo è stato constatare all’ indomani che ad un problema di così grande rilievo per i cittadini erano

state dedicate sui giornali poche righe, in qualche caso anche con caratteri particolarmente piccoli.

Sarò a Voi grato se vorrete e potrete pubblicare integralmente questa mia.

Per il che Vi ringrazio, salutandoVi cordialmente

Giuseppe Volpe

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