Gli esiti recenti di alcuni procedimenti penali concernenti imputati “ eccellenti “, tanto in ambito nazionale,
che locale, hanno per un verso destato sconcerto nell’ opinione pubblica, per altro suscitato un vivace
dibattito nel mondo della politica e delle istituzioni circa il ruolo dei pubblici ministeri.
Sono infatti intervenute sentenze di primo grado di assoluzione dopo che, clamorosamente, personalità di
primo piano della politica o delle istituzioni erano state oggetto di indagini, sino al punto di dover lasciare i
loro incarichi.
Nella confusione generale può forse risultare utile il contributo di chi, come lo scrivente, dirige un ufficio di
procura tra i più oberati ed impegnati del Paese, allo scopo di chiarire alcuni principi cardine del sistema
giustizia, orientando così la pubblica opinione in una lettura degli eventi che prescinda da interessate
strumentalizzazioni.
Credo non sia inutile ricordare preliminarmente quale il ruolo assegnato dalla legge al processo. Si tratta di
una verifica dell’ ipotesi di accusa ad opera di un giudice terzo, imparziale ed indipendente, al quale il
pubblico ministero ha il dovere di sottoporre elementi contrari, ma anche favorevoli all’ imputato. Se un
processo si celebra è perché nel contraddittorio tra le parti e con l’ imprescindibile, sacrosanto contributo
delle difese, si pervenga ad una decisione, che può essere di condanna, ma anche, non meno
fisiologicamente, di assoluzione. Questo è il modello di processo disegnato dalle regole vigenti nelle società
democratiche. Questo è ciò che la nostra Costituzione e la Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo
pretendono. Diversamente, se fossero sufficienti a sancire la responsabilità le sole indagini del pubblico
ministero o la gogna mediatica, il processo non avrebbe alcun significato, riducendosi ad una mera ratifica
dell’ operato di una sola delle parti: quella pubblica.
La premessa dovrebbe far comprendere come le assoluzioni, eccellente o meno che sia il rango dell’
imputato, non possano/non debbano suscitare scandalo. Scandalosi, piuttosto, sono i tempi con i quali si
perviene alle sentenze ( e qui mi riferisco particolarmente a quanto si verifica a Bari ), ammesso che a
sentenza nel merito e non a dichiarazioni di prescrizioni si giunga, dopo anni da quando le indagini sono
state avviate, sovente con risonanza mediatica importante.
Il problema vero è dunque altro e, per restare sul terreno della realtà locale, induce le considerazioni che
più volte sono state da me e dagli altri capi degli uffici giudiziari rappresentate.
La procura barese iscrive annualmente in totale oltre cinquantamila procedimenti penali ( si ricordi che ha
anche competenza distrettuale per reati di particolare gravità, forieri di indagini complesse, soprattutto in
terra di Capitanata ) ed è impegnata assai attivamente nel contrasto alla criminalità organizzata. Con esiti
giudicati per lo più positivamente. Tanto, che se purtroppo oggi sparano i minorenni è perché, grazie anche
all’ impegno delle forze di polizia, i boss ed i loro adepti sono quasi tutti ristretti in carcere.
A fronteggiare l’ emergenza vi è una squadra di magistrati e personale amministrativo quotidianamente
impegnata in un superlavoro che ha consentito di portare a giudizio imputati in poco più di un anno,
mentre funziona a pieno regime il pool “ pronta definizione affari semplici “ di recente istituzione.
Continuano a pesare tuttavia i vecchi procedimenti ereditati dal passato.
L’ impegno - massimo - di ciascuno a livello locale si scontra tuttavia con il disimpegno del governo centrale.
L’ organico dei magistrati proprio per la consistenza del carico di processi è stato nel tempo aumentato ( da
ventisette unità nel 2003 a trentasette nel prossimo anno, con l’ aggiunta di sessantasei vice procuratori
onorari ) ma, paradossalmente, quello del personale è sceso, nel medesimo arco temporale, da
centoquarantanove a centotrentatrè ( peraltro solo parzialmente coperto ) per effetto di una serie di
decreti ministeriali risultati assai ingiustificatamente penalizzanti. La procura di Bari è oggi sinanche priva di
un dirigente amministrativo, pur risultando tra le prime sei, sette in Italia per dimensioni. Nè si intravedono
concrete ed efficaci iniziative governative per il ripristino delle novemila unità di personale amministrativo
mancanti nel Paese, mentre da venti anni non venivano banditi concorsi per l’ assunzione di un numero
adeguato di giovani, soltanto di recente essendosene varato uno per un numero assai limitato di posti. Il
risultato è che il lavoro celermente smaltito dai magistrati si blocca sulle scrivanie in gran parte vuote dei
nostri collaboratori. Non viene ottemperato, dunque, il disposto dell’ articolo 110 della Costituzione, che
assegna al ministro della giustizia l’ organizzazione ed il funzionamento dei servizi della giustizia. Si
delegano anzi ai capi di Corte compiti di squisita competenza ministeriale, per la stipulazione di contratti ed
altre incombenze tipicamente amministrative, così distraendoli dalle funzioni istituzionali proprie.
Ma così ancora non si è detto tutto.
Per restare sul terreno esclusivamente locale, va evidenziata l’ enorme sproporzione esistente tra l’
organico dei magistrati di procura e quelli della magistratura giudicante ( e relativi servizi di cancelleria ). L’
“ imbuto “ che si crea dopo il rinvio a giudizio impedisce la celere definizione dei processi in quella che
dovrebbe essere la sede propria, dinanzi ai giudici, in tempi celeri, come prescrive la Carta costituzionale.
Né può celebrarsi maggior numero di processi, perché mancano le aule d’ udienza ( ma quello dell’ edilizia
giudiziaria da terzo mondo a Bari è altro tema che qui solo si sfiora! ) e non ci sono fondi per retribuire gli
assistenti d’ udienza per gli straordinari ( l’ orario normale di lavoro si esaurisce alle ore 14,00 ).
Il tema dell’ urgenza di un intervento governativo volto a ripianare i vuoti negli organici del personale
amministrativo è stato oggetto di una riunione del comitato direttivo dell’ associazione dei magistrati,
estesa alla partecipazione dei capi degli uffici giudiziari, tenutasi presso la Corte di cassazione il primo
ottobre. Essa ha visto i capi di uffici grandi e piccoli tutti ugualmente dolersi per le gravissime difficoltà che
li vedono costretti ormai a tagliare servizi ai cittadini. Per parte mia ho evidenziato che lo sparuto numero
di impiegati della nostra procura è destinato nei prossimi diciotto-ventiquattro mesi a ridursi ancora di ben
ventiquattro unità, che saranno poste in quiescenza. Ho anche pubblicamente ringraziato il Consiglio dell’
Ordine degli Avvocati di Bari che ci ha messo a disposizione alcuni impiegati, da noi utilizzati nei settori di
attività per i quali non vige il segreto investigativo.
Ai lavori romani, risultati di drammatico rilievo per la rappresentazione unanime delle conseguenze gravi
determinate dalle diffuse carenze di personale amministrativo, hanno assistito integralmente, e fino al
pomeriggio, inviati delle maggiori testate giornalistiche e delle televisioni.
Amarissimo è stato constatare all’ indomani che ad un problema di così grande rilievo per i cittadini erano
state dedicate sui giornali poche righe, in qualche caso anche con caratteri particolarmente piccoli.
Sarò a Voi grato se vorrete e potrete pubblicare integralmente questa mia.
Per il che Vi ringrazio, salutandoVi cordialmente
Giuseppe Volpe