di FRANCO GIULIANO
BARI - Pierluigi Di Palma, già direttore generale Enac, è stato anche presidente del Comitato interministeriale per la sicurezza aeroportuale nel 2001 durante il periodo degli attentati alle Torri Gemelle a New York. Oggi resta un opinion maker per la sicurezza non solo nel nostro Paese.
Avvocato, i fatti di Bruxelles dimostrano come chiunque può entrare in un aeroporto e farsi esplodere, senza essere stato controllato dai sistemi di sicurezza che si trovano prima dell’ingresso nell’area protetta, vigilata da personale addetto. Serve una nuova «policy» della sicurezza?
La filosofia del 2001 è già superata. In quel momento affrontavamo la novità in cui il passeggero poteva portare a bordo dell’aereo un ordigno e farlo esplodere in volo, mettendo così in dubbio che la riconciliazione uomo-bagaglio fosse di per sé elemento di totale sicurezza per quella modalità di trasporto. Così si pensò di blindare la zona sensibile dello scalo controllando i soggetti che varcavano quelle aree dell’aerostazione. Oggi vediamo che questo non è più sufficiente.
Dunque, servirebbero nuove strategie, per esempio, utilizzando un sistema di controllo degli accessi (e dei bagagli) già per chi varca le zone aeroportuali prima delle aree sensibili. In alcuni aeroporti del mondo già avviene.
Sicuramente questo è importante, ma non è garanzia di sicurezza in generale, in quanto il nuovo terrorismo cercherebbe altri obiettivi non presidiati (stazioni, cinema, centri commerciali etc.), tenuto conto che l’elemento fondamentale è quello di fare notizia e dare estrema visibilità all’atto terrotistico creando panico nel mondo occidentale.
E allora, cosa bisogna fare?
I sistemi moderni della sicurezza devono innanzitutto investire di più in security e intelligence perseguendo il sistema del Profiling, cioè acquisendo sostanzialmente in una banca dati le informazioni più dettagliate di tutti i passeggeri del mondo.
Un lavoro enorme, difficile.
Certo. Ma sappiamo anche che i terroristi si spostano da un Paese all’altro. E sappiamo, comunque, che mentre non è assolutamente vero che tutti i mussulmani sono terroristi, è altresì vero che i terroristi, in questo momento storico, sono fanatici religiosi islamici. La banca dati naturalmente dovrà essere accessibile e integrabile nell’ambito di un sistema internazionale per permettere l’accesso a tutte le forze di polizia e consentire cosi di individuare dalle abitudini di vita dei singolo viaggiatore, potenziali persone sospette. Per quanto oggi sia sicuramente accessible attraverso Internet procurarsi esplosivo o armi, non è possibile escludere che il singolo abbia bisogno di una collaborazione e anche di un supporto territoriale della malavita. Informazioni che sicuramente una polizia attrezzata può e deve conoscere in via preventiva.
Perché, allora, tutto questo non ha funzionato in Belgio?
L’attacco di oggi dimostra che il presidio della sicurezza in quel Paese è fermo a una vecchia metodologia.
Per tornare alla prevenzione negli aeroporti cosa serve?
Gli aeroporti nel nostro Paese sono ben presidiati. Tenendo presente che l’obiettivo terroristico potrebbe indirizzarsi su altri luoghi frequentati, resta fondamentale il ruolo della nostra intelligence e dei corpi di Polizia, attraverso il ricorso ai più avanzati sistemi di controllo, compresi i droni.